Il mese scorso la Commissione europea ha adottato una nuova tabella di marcia per ridurre, entro il 2050, le emissioni di carbonio dell'80% rispetto ai livelli del 1990. La commissaria europea all'Azione per il clima Connie Hedegaard – intervenuta alla Giornata dell'Energia delle Regioni europee, organizzata a Bruxelles da GE Energy insieme all'Assemblea delle Regioni d'Europa – è convinta che guidare il passaggio, a livello planetario, verso un'economia a basse emissioni di carbonio comporterà un notevole vantaggio competitivo per l'Unione Europea.
E i costi?
"Quanto più aspetteremo, tanto più elevato sarà il costo. Con i prezzi del greggio che continuano ad aumentare, l'Europa vede rincarare ogni anno la propria fattura energetica, diventando sempre più vulnerabile di fronte a queste fluttuazioni. Dare avvio oggi alla transizione ci ripagherà domani e non dobbiamo neanche attendere alcun progresso tecnologico, dal momento che è possibile realizzare un'economia a basse emissioni di carbonio solo sviluppando tecnologie già disponibili e di provata efficacia".
Ma in pratica, quanto ci costerà abbassare le emissioni dell'80%?
"Per realizzare questo programma, nei prossimi quarant'anni l'Unione dovrà fare ulteriori investimenti annuali pari all'1,5% del Pil, cioè 270 miliardi di euro, oltre all'attuale 19% del Pil già investito. Ma una buona parte di questi investimenti, se non tutta, sarà compensata da una fattura energetica per gas e petrolio meno onerosa che, secondo le stime, permetterà di risparmiare tra i 175 e i 320 miliardi di euro l'anno. Inoltre non va dimenticato che questo aumento ricondurrà semplicemente l'Europa ai livelli d'investimento in tecnologie pulite precedenti la crisi economica".
Con quali vantaggi?
"Gli investimenti in tecnologie pulite e infrastrutture intelligenti, come le smart grid, comporteranno notevoli vantaggi. Mentre a trarre beneficio del caro bolletta sono soprattutto i Paesi terzi, infatti, gli investimenti creano valore aggiunto all'interno dell'Unione. Oltre a ridurre la dipendenza dell'Europa dalle importazioni energetiche e di conseguenza la nostra vulnerabilità di fronte a possibili fluttuazioni dei prezzi del petrolio, questi investimenti stimoleranno nuove fonti di crescita e creeranno nuovi posti di lavoro. Ridurremo l'inquinamento atmosferico e i costi sanitari connessi. Da qui al 2050 i benefici derivanti da una migliore qualità dell'aria potrebbero ammontare complessivamente a 88 miliardi di euro all'anno".
E cosa ne sarebbe degli obiettivi 20-20-20?
"L'analisi rivela che per centrare l'obiettivo al 2050 nel modo economicamente più sostenibile, nel 2020 bisognerebbe ridurre le emissioni del 25%, anziché del 20% come attualmente fissato. E solo attraverso interventi a livello europeo. Ma la tabella di marcia dimostra che per ridurre del 25% le emissioni interne di carbonio basterebbe mettere in pratica le politiche necessarie per migliorare del 20% l'efficienza energetica dell'Unione — come riaffermato dai capi di Stato e di Governo all'ultimo vertice sull'energia — e attuare pienamente il pacchetto di misure su clima ed energia adottato nel 2009 per il 2020".
In che misura l'Ue ha già ridotto le sue emissioni?
"Le emissioni di gas serra prodotte dai 27 Stati membri nel 2009, secondo le stime, sono state di circa il 16% inferiori ai livelli del 1990, a fronte di una crescita economica dell'Ue nell'ordine del 40% nello stesso periodo. L'Unione è quindi già riuscita a dissociare la tendenza decrescente delle sue emissioni da quella crescente del suo sviluppo economico. Siamo a buon punto su tutto, meno che sull'efficienza energetica: con le politiche esistenti non riusciremo ad aumentare più del 10% l'efficienza energetica del sistema europeo. Il piano proposto ora dalla Commissione mira solo al pieno conseguimento dell'obiettivo iniziale".
Gli obiettivi 20-20-20, però, possono essere conseguiti con misure interne e crediti internazionali. Perché ridursi ora unicamente alle misure interne?
"L'analisi indica che con le politiche attuali, in realtà, l'Ue potrebbe già ridurre le proprie emissioni grazie alle sole misure interne. Se è possibile, varrebbe la pena di farlo, per trasferire all'interno dell'Unione tutti i vantaggi di riduzione dell'inquinamento e di stimolo economico, invece che 'regalare' questi vantaggi alla Cina o al Brasile. L'analisi, inoltre, ha permesso di concludere che andando avanti nel tempo non sarà più possibile un ricorso su larga scala ai crediti internazionali, perché l'azione globale necessaria a contrastare i cambiamenti climatici ridurrà l'offerta di crediti a costi contenuti. È quindi logico, in una prospettiva economica, pensare di ridurre le emissioni esclusivamente con misure interne, nel lungo periodo".