Nero, sporco e cattivo. Fa tanto «fumo di Londra» e soffre del complesso di Kyoto. Eppure il carbone è una fonte energetica molto economica, largamente disponibile e priva di controindicazioni geopolitiche. Non a caso il suo uso è cresciuto quasi del 50% negli ultimi 25 anni, sfidando ambientalisti e luoghi comuni. In Europa il 32% dell' energia elettrica proviene dal carbone, con punte del 52% in Germania (come negli Stati Uniti), o del 40% nel Regno Unito. La Francia, che ha appena chiuso la sua ultima miniera in Lorena, fa eccezione: con un 76% di energia prodotta dal nucleare se lo può permettere. «L' Italia è l' unico Paese d' Europa che, pur non facendo ricorso al nucleare, ha una quota molto bassa di utilizzo del carbone, sul 9%», spiega Andrea Clavarino, presidente di Assocarboni e anche dell' associazione europea Euracoal. È questa anomalia, dovuta a motivi storici ma anche a pregiudizi duri a morire, una delle cause principali del caro-bolletta in Italia rispetto agli altri Paesi d' Europa. Petrolio e gas, entrambi combustibili costosi, coprono infatti il 70% del nostro fabbisogno energetico. E con la progressiva riduzione dell' olio, caro e inefficiente, la quota del metano è destinata ad aumentare: così nel 2006, mentre l' Europa continuerà a basare la propria produzione elettrica sull' accoppiata nucleare e carbone almeno al 60%, l' Italia andrà per la stessa percentuale a gas naturale, che importiamo soprattutto da Russia ed Algeria. «Al contrario del petrolio e del gas – commenta Clavarino – il carbone garantisce la sicurezza dell' approvvigionamento energetico, perché le riserve mondiali sono distribuite su oltre cento Paesi diversi, dagli Stati Uniti alla Cina, dalla Germania all' Australia, dalla Russia al Sudafrica, in concorrenza fra di loro. Non c' è il rischio di cartelli o di crisi politiche dirompenti, perché si può facilmente cambiare fornitore. Può viaggiare senza problemi perché non è esplosivo né inquinante per il suolo o per l' acqua. Se va a fondo si può addirittura recuperare senza micidiali maree oleose. E il prezzo basso unito ai minori costi di produzione lo rende veramente competitivo rispetto alle altre fonti». Secondo l' ultima rilevazione dell' Autorità per l' energia, in effetti, produrre un chilowattora di energia con il carbone costa 2,18 centesimi, con l' olio combustibile 5,51 centesimi e con il metano 6,34 centesimi. È da questo dato che l' amministratore delegato dell' Enel, Paolo Scaroni, è partito quando ha deciso di aumentare fino al 20% l' uso del carbone nella produzione di energia dell' ex monopolista. Un proposito destinato a sollevare non poche polemiche. Ma Enel, che ha sette centrali a carbone e ne sta riconvertendo un' ottava nei pressi di Civitavecchia, ha fatto i compiti a casa. «Oggi possiamo abbattere quasi completamente, con tecnologie molto sofisticate, le emissioni nocive alla salute, come l' anidride solforosa, gli ossidi di azoto e le polveri», spiega Gennaro De Michele, responsabile della ricerca Enel. Una centrale a carbone può ridurre anche del 70-80% le emissioni nocive rispetto ad una vecchia a olio. Nell' ultimo quinquennio i produttori italiani di energia hanno investito complessivamente oltre 4 miliardi di euro per l' ambientalizzazione delle centrali a carbone. «Gli inquinanti – precisa De Michele – vengono abbattuti con la combustione a stadi del carbone e con la depurazione dei fumi. Quel che non si può abbattere è l' anidride carbonica». Il carbone, quando brucia, produce quasi il doppio di anidride carbonica rispetto al metano. Il gas non è nocivo per l' uomo, ma è additato dal protocollo di Kyoto come il principale responsabile dell' effetto serra. Può essere compensato con un maggiore ricorso alle fonti rinnovabili, su cui Enel ha un piano di sviluppo da un miliardo entro il 2008. O si può cercare di sequestrarlo in depositi naturali sotterranei. Oppure si può seguire la via dell' efficienza: usando meno combustibile per gli stessi chilowattora si riducono le emissioni di CO2. L' Enel segue tutte e tre le strade. «Stiamo studiando insieme all' Istituto nazionale di vulcanologia e all' Enea – racconta De Michele – la possibilità di sequestrare l' anidride carbonica nei giacimenti petroliferi esauriti della Pianura Padana. E stiamo costruendo accanto alla centrale di Fusina (Ve), nell' Hydrogen Park di Porto Marghera, un impianto di gassificazione ad altissima efficienza per trarre l' idrogeno dal carbone». Entrerà in funzione nel giro di due anni.
Etichette: carbone