In Europa sta nascendo un oligopolio dell’energia. «Se le utility italiane non daranno un colpo di acceleratore ai processi di aggregazione, finiranno per diventare facile terra di conquista per i colossi esteri». Andrea Gilardoni, direttore del master in gestione delle utility alla Bocconi e curatore di un Osservatorio sulle alleanze e acquisizioni delle utility locali italiane, sull’acceleratore ha messo tutto il suo peso: il progetto di aggregazione delle municipalizzate lombarde che il professore ha consegnato al governatore Roberto Formigoni non è ancora un fatto compiuto, ma sta dando molto da pensare nella regione più energivora d’Italia.
Lombard Utilities — secondo il piano delineato da Gilardoni insieme allo studio Sciumé Zaccheo e alla Bp Consulting su incarico dell’istituto di ricerca regionale Irer — potrebbe raggiungere una capitalizzazione di Borsa di 8,5 miliardi, unendo venti municipalizzate di natura diversa ma compatibile con una struttura federale simile a quella di Hera, la multiutility bolognese nata dall’aggregazione di 11 municipalizzate da Bologna fino al mare. Ancora niente a che fare con i colossi che si sono formati negli scorsi anni nei mercati liberalizzati prima del nostro, come Rwe in Germania o Vattenfall in Scandinavia, ma pur sempre un peso notevole in un panorama ancora estremamente frammentato. Con un patrimonio netto di 3,6 miliardi e un volume d’affari di 3,8 miliardi, Lombard Utilities potrebbe dare filo da torcere a Enel e in Borsa peserebbe da sola più di tutte le altre municipalizzate messe assieme. Naturalmente al momento attuale il condizionale è d'obbligo, ma come dice Gilardoni «tutte le grandi imprese sono nate da un sogno». Un sogno che a livello nazionale è molto sostenuto: "Il movimento di aggregazione delle multiutility è un passo decisivo per lo sviluppo industriale italiano e il governo segue da vicino sia il progetto lombardo che quello in corso nel Nord Est", sostiene Adolfo Urso, sottosegretario alle Attività produttive. "Le occasioni per le nostre ex-municipalizzate di competere con i concorrenti europei nell'Europa orientale, nei Balcani e anche nel bacino del Mediterraneo non mancherebbero, se avessero già raggiunto la massa critica sufficiente per andare all'estero. Rinchiudersi nel mercato italiano non può garantire la sopravvivenza".
"Sulla strada delle aggregazioni, che Aem pone da anni al centro delle proprie strategie, ci si scontra sempre prima o poi con il campanilismo dei politici", mette in chiaro però Giuliano Zuccoli, presidente di Aem Milano. "Certo è che crescere per linee di sviluppo interne ormai non può bastare per reggere la concorrenza con il mercato europeo, quindi va trovata al più presto una formula di aggregazione che metta d'accordo tutti. Il Gruppo Linea lungo la direttrice Cremona, Lodi, Mantova, Pavia è una buona cosa. Ma ci vuole un'aggregazione più vasta. Se sarà quella delineata nel progetto di Gilardoni, l'Aem non si tirerà certo indietro: abbiamo le competenze e abbiamo i numeri. Perché non provare?" Sul fronte della politica la risposta è Infrastrutture Lombarde, la nuova società regionale destinata a favorire lo start up di progetti infrastrutturali su tutte le reti, da quella idrica a quella elettrica a quella ferroviaria. Raffaele Cattaneo, presidente del consiglio di sorveglianza della società e vice segretario generale della giunta, è convinto della necessità di un disegno industriale complessivo per le multiutility lombarde: "Chi saprà trovare il giusto mix fra le ragioni industriali dell'aggregazione e le necessità politiche di proteggere le specificità locali avrà vinto questa partita", commenta Cattaneo. "L'avversario che va sconfitto – precisa Cattaneo – è il campanilismo, ma non bisogna dimenticare che i servizi di pubblica utilità sono molto radicati sul territorio e toccano corde delicate". Anche il presidente di Asm Brescia, Renzo Capra, vede nel progetto di Gilardoni notevoli difficoltà da superare: «Le nostre sono organizzazioni nate da storie diverse, con caratteristiche specifiche che vanno rispettate. Basta guardare in che condizioni si trovano oggi le banche dopo le fusioni. Sono ancora lì a leccarsi le ferite». Del resto le aggregazioni sono la conseguenza di un cambiamento che non si può evitare. E Capra invita le piccole municipalizzate a non aspettare l’ultimo momento per scegliere questa strada, «perché è meglio trattare da una posizione di forza che tendere la mano quando non si hanno altre vie d'uscita». Il progetto, del resto, parte dalla constatazione che anche in Italia qualcosa sta cominciando a muoversi. Dopo la nascita di Hera il processo di concentrazione in Emilia Romagna ha continuato a espandersi, da un lato con l’aggregazione dell’Agea di Ferrara al primo nucleo bolognese, dall’altro lato con l’alleanza delle municipalizzate di Reggio Emilia (Agac), Parma (Amps) e Piacenza (Tesa), sotto il cappello di Meta Modena. Se il progetto andrà in porto (e, malgrado le frizioni sulla spartizione delle cariche, ci sono buone probabilità che ce la faccia entro la scadenza di aprile), il nuovo blocco avrà un fatturato di 900 milioni di euro, che lo colloca direttamente alle spalle della stessa Hera, di Aem Milano e Acea. Sul fronte Nord-Est, secondo le ultime voci Aem Milano starebbe trattando per l’acquisizione di un 20% di Acegas-Aps, mentre sta cominciando a prendere forma Nes (Nordest Servizi), la maxi-utility concepita dal sindaco di Venezia Paolo Costa e dal presidente di Iris Gorizia Gianfranco Gutty, che comprende 12 municipalizzate del Veneto e del Friuli-Venezia Giulia. «Sarà sempre meglio condividere le proprie specificità con il campanile vicino che essere inghiottiti da un colosso francese, tedesco o scandinavo, con il pericolo di finire stritolati in un periodo di crisi com’è successo alle acciaierie di Terni», insiste Gilardoni, che presenterà la settimana prossima i risultati del suo Osservatorio sulle alleanze a un convegno a porte chiuse da dove spera di veder uscire un impulso nuovo verso il consolidamento: «L’importante è fare massa critica e aumentare l’efficienza, tagliando i costi grazie alle sinergie, in modo da diventare competitivi anche a livello europeo, perché pensare al mercato italiano come se fosse isolato dal resto è un grande errore».
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