A rischio l’unificazione del brevetto europeo

La decisione dei britannici di lasciare l’Unione Europea è scoppiata come una bomba nel mondo della proprietà intellettuale. La prima vittima potrebbe essere il brevetto unitario, figlio ormai quasi partorito di quarant’anni di dibattito attorno all’unificazione del sistema brevettuale europeo. In base agli accordi, il sistema può entrare in vigore solo dopo essere stato ratificato da 13 Paesi dell’Ue, di cui devono necessariamente far parte Germania, Francia e Regno Unito, che sono i primi motori del progetto. Al momento attuale il nuovo sistema è stato ratificato da 10 Paesi, fra cui la Francia. I tedeschi sono pronti, ma si riservano di ratificare per ultimi. I britannici sono ancora a metà del guado: la ratifica era prevista in ottobre, in modo da permettere l’avvio del nuovo sistema entro il maggio 2017. La selezione dei giudici e del personale per le nuove corti, che dovevano avere come sedi principali Parigi, Londra e Monaco, è già a uno stadio molto avanzato e le ultime due ratifiche (fra cui quella tedesca) venivano date per scontate. Ma dopo il voto del 23 giugno, in base al parere di molti esperti, sarà difficile che il sistema riesca a decollare. I legislatori inglesi saranno restii a mettere al voto la ratifica, per timore di essere accusati di andare contro la volontà popolare. E sempre per le stesse ragioni, se anche arrivassero al voto in Parlamento, sarà difficile ottenere una maggioranza, che prima risultava molto ampia. Se il Parlamento britannico non ratificherà il nuovo sistema nei tempi previsti, tutta la macchina rischia di fermarsi per sempre. Il Regno Unito, infatti, è un elemento portante del nuovo sistema, che è stato costruito in anni di lavoro, trovando un compromesso fra il sistema legale tedesco, piuttosto farragginoso, e quello inglese, molto più semplice ed efficace.

La novità del sistema unitario non consiste nel modo in cui i brevetti vengono esaminati e concessi. L’Epo (European Patent Ofice) è un organismo sovranazionale che include 38 Paesi (comepresi Paesi esterni all’Unione, come la Svizzera o la Norvegia) e continuerà a operare a Monaco, gestendo sia il brevetto unitario in rappresentanza dell’Unione Europea, sia il brevetto “europeo” che esiste già oggi. La differenza sta nella validità dei due brevetti. Il brevetto unitario avrebbe automaticamente valore in tutti i Paesi dell’Ue che hanno ratificato il nuovo sistema: quei 13 iniziali più gli altri che si aggiungerebbero nel tempo, compresa l’Italia, che alla fine aveva deciso di aderire, dopo molte resistenze.

Il brevetto europeo, invece, non è un brevetto unificato e per sua stessa natura dev’essere ogni volta validato nei singoli Paesi in cui il richiedente vuole proteggere la sua proprietà intellettuale. Capita raramente che un brevetto sia validato in tutti e 38: nella stragrande maggioranza dei casi il richiedente cerca la validazione solo in Germania, Francia e Regno Unito, talvolta aggiunge anche l’Italia, raramente altri Paesi minori. Ma ci sono anche casi, ad esempio nelle invenzioni del settore petrolifero, in cui il richiedente è interessato solo alla Norvegia e al Regno Unito, oppure ad altri Paesi per settori diversi. In pratica, l’ombrello del brevetto europeo non protegge nessuno, se non viene aggiunta la validazione specifica nei signoli Paesi, che può essere anche molto costosa se i Paesi sono tanti, mentre il brevetto unitario avrebbe valore automatico in tutti i Paesi aderenti, a un costo relativamente contenuto.

Nuova è anche la cornice legale, che è stata creata da zero per giudicare le dispute, combinando elementi delle diverse tradizioni legali europee e istituendo tribunali specifici, con una divisione centrale a Parigi e altre due corti di prima istanza a Londra e a Monaco (ognuna con competenze specifiche per settori) e una corte d’appello in Lussemburgo. Fino ad oggi, invece, le dispute sulla proprietà intellettuale venivano discusse nei tribunali comuni di ciascun Paese, anche se nel tempo si erano formate delle forti competenze in materia in alcuni tribunali europei, come quello di Duesseldorf, che ormai macina la più gran parte delle cause tedesche sulla proprietà intellettuale, o altre singole corti più specializzate negli altri Paesi (Milano per l’Italia).

Il nuovo sistema, oltre che più razionale della vecchia frammentazione, renderebbe il brevetto unitario europeo notevolmente più competitivo e la soluzione delle dispute più semplice e rapida, separandola completamente dai sistemi giudiziari nazionali. La speranza, nel mondo europeo della proprietà intellettuale, è che il Parlamento inglese ratifichi il nuovo sistema nei tempi previsti e gli antieuropeiisti lascino passare la ratifica, semplicemente perché la proprietà intellettuale è una materia poco nota, a cui sono interessate solo le imprese che fanno innovazione, quindi una categoria relativamente ristretta di grandi multinazionali. In questo caso il Regno Unito potrebbe partecipare al sistema nel periodo di transizione, fino a quando non uscirà davvero dall’Ue, e poi uscirne, lasciando il sistema orfano di un membro fondatore, ma sostanzialmente intatto. E’ una speranza abbastanza tenue, che gli esponenti britannici della proprietà intellettuale sussurrano fra loro, già con il tono cospirativo di una categoria di reietti internazionalisti, destinati prima o poi ad emigrare. A Parigi e a Monaco li aspettano a braccia aperte.