“If you can’t measure it, you can’t manage it” è il motto di Mike Bloomberg, ex sindaco di New York. E le infrastrutture smart sono prima di tutto strumenti di misura. Solo così la sostenibilità in tutte le sue forme diventa accessibile: uno strato di intelligenza digitale sulle reti urbane è il modo più efficace per innescare questa rivoluzione dal basso.
Quando sta in casa, il cittadino moderno deve poter misurare in tempo reale i suoi consumi energetici e avere un controllo totale sulle sue possibilità di tagliare i costi. La lettura del contatore dev’essere immediata e comprensibile, come succede agli abitanti di Stuttgart, che possono accedervi con lo smartphone e capire in ogni momento quanto stanno spendendo, senza calcoli astrusi. Dev’essere facile allacciarsi al teleriscaldamento oppure installare i pannelli solari sul tetto e misurarne i vantaggi. Gettare i rifiuti nei contenitori per la raccolta differenziata deve comportare un vantaggio misurabile, come succede a Philadelphia con la RecycleBank, dove le immondizie riciclate vengono pesate con un sensore e si viene pagati in buoni per il supermercato a seconda del peso.
Quando si sposta, il cittadino deve poter sapere qual’è il percorso più conveniente nelle attuali condizioni meteorologiche e di traffico, deve avere le informazioni giuste sugli orari del tram e della metro, sulle possibili coincidenze con le ferrovie leggere, sui parcheggi del car sharing e del bike sharing come a Boston, ma soprattutto deve poter usare una sola tesserina digitale per spostarsi su tutti questi mezzi di trasporto, capace di capire da sola qual’è la tariffa più conveniente come a Londra. E naturalmente i diversi mezzi devono funzionare a dovere, non piantarlo ad aspettare per ore, altrimenti la volta dopo prenderà la macchina e intaserà le strade. Le colonnine di ricarica dell’auto elettrica devono essere ragionevolmente vicine e i costi dell’energia erogata non devono essere troppo esosi, come ad Amsterdam, dove le ricariche sono gratis e l’uso dell’auto elettrica cresce rapidamente.
Quando paga le tasse comunali, deve sapere facilmente quanto paga e dove vanno i suoi soldi: quanto spende il Comune nella sua illuminazione, il suo riscaldamento, le sue flotte, lo smaltimento dei rifiuti e la depurazione delle acque. Tutti dati a cui si dovrebbe poter accedere facilmente, per contribuire con idee nuove allo sviluppo dell’ambiente urbano.
Quando lavora, il cittadino deve poter usufruire di servizi di banda larga decenti a costi ragionevoli e deve potersi collegare gratuitamente con il cellulare o con il laptop a un wifi cittadino anche all’aperto. Ormai si possono abbinare facilmente ai sistemi di telecontrollo dei lampioni diversi servizi per rendere migliore la vita dei cittadini, compresa una rete di punti di accesso wifi, come a Milano. In questo modo diventerà più facile inserire il suo negozio o la sua impresa in una rete urbana, che lo renda visibile sulle mappe digitali e faciliti la sua localizzazione.
Per liberare le energie degli abitanti delle città non ci vuole molto, in particolare in Italia, dove le persone sono rapide nelle reazioni e hanno già una mentalità di sviluppo a rete. Ma i due pilastri di questa rivoluzione sono una buona disponibilità di banda larga e una grande trasparenza da parte dei governi locali. In Italia mancano l’una e l’altra: con una selva legislativa in materia di privacy e 22 connessioni fisse alla banda larga ogni cento abitanti (contro 33 in Francia e 32 in Germania e Regno Unito), le barriere per l’innovazione restano alte. Nelle città dove questa rivoluzione è in corso, da Berlino a Copenhagen, da Singapore a Boston, la pianificazione urbana si trasforma da un processo lineare top down a un’aggregazione partecipativa bottom up. Le applicazioni, una volta aperti i database in maniera intelligente e sicura, nascono direttamente dalle piccole imprese sul territorio. Un modo per battere la crisi con poco budget e molti cervelli in movimento. Le città sono i loro abitanti, ma i governi delle città devono fornire la cornice giusta per passare dall’intelligenza collettiva all’azione collettiva.