Jim Collins

Le imprese gestite bene non devono aver paura delle crisi globali come quella che stiamo attraversando oggi. Per Jim Collins – autore di due classici del management come «Good to Great» e «Built to Last» – è proprio nei tempi difficili che si distinguono meglio le imprese buone da quelle cattive. «Il mio messaggio ai bravi leader è: abbracciate i tempi difficili come buoni amici, non respingeteli come un nemico». Il tono messianico tradisce la ricerca dell' assoluto, che Jim Collins persegue meticolosamente fin dai tempi in cui insegnava a Stanford, vent' anni fa. Ma le argomentazioni sono solidamente piantate in anni e anni di analisi gestionale. Nei suoi libri si descrive un metodo universale che dovrebbe servire per arrivare alla gestione ottimale.

Ma è una visione apparentemente statica: resta valida anche nei periodi di grande turbolenza?

«Al contrario, proprio nei periodi turbolenti il mio metodo diventa particolarmente utile. In epoche come queste è ancora più importante avere un leader di alto livello, quello che ho chiamato "Livello 5", che non sia focalizzato sulla sua carriera ma solo sugli interessi dell' azienda, che persegua lealmente il bene comune senza perdersi nei giochetti di potere o farsi distrarre dagli interessi clientelari dei gruppi che gli gravitano intorno».

Talvolta venire a patti con il potente di turno può portare vantaggi all' azienda…

«Sono sempre vantaggi di corto respiro. Dalle mie ricerche ho capito che scendere a compromessi, anche per motivi che lì per lì possono sembrare validi, alla lunga mina la solidità dell' impresa».

Quindi l' integrità fa premio sul resto. E la competenza?

«Un buon leader deve conoscere il settore in cui si muove, ma i dettagli tecnici sono irrilevanti. Le doti di carattere sono molto più importanti: dev' essere testardo ma umile, ambizioso ma disciplinato. Malgrado le differenze tra i diversi settori e i mutamenti introdotti dalle nuove tecnologie, dalla globalizzazione o dalle strette regolatorie, ci sono alcuni fatti fondamentali che non cambiano mai nella gestione aziendale. E' di quelli che si deve occupare».

Qual è il segreto delle aziende che riescono a superare la mediocrità e a entrare nei libri di storia?

«L' importanza essenziale del fattore umano emerge sempre in tutte le aziende di successo, da P&G a General Electric, da Philip Morris a Microsoft. Un' azienda che ha gli uomini giusti nei posti giusti può superare brillantemente qualsiasi sfida e qualsiasi imprevisto, dall' esaurimento del petrolio alla terza guerra mondiale. Per questo un buon leader deve modellare tutte le sue strategie sul "chi", non sul "cosa" o sul "come"».

Dovrebbe occuparsi solo di risorse umane?

«Questa è la sua prima responsabilità. Se riesce ad assumere le persone giuste nel team di comando e a schierarle nelle mansioni che sono più portate a fare è già a metà dell' opera. D' altra parte non deve avere tentennamenti nel licenziare: quando capisce che un suo collaboratore non è adatto a quel ruolo, deve rimuoverlo».

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