La casa del futuro è made in Italy

E’ italiana la casa del futuro. Rhome for denCity, la casa ecosostenibile ideata dagli studenti di architettura di Roma Tre, si aggiudica il primo premio a Versailles per il Solar Decathlon Europe 2014, le olimpiadi dell’architettura a basso impatto energetico. Al secondo posto si è qualificato un team francese e al terzo posto sono arrivati gli olandesi.

Un bel riconoscimento per il team di studenti e ricercatori dell’Università di Roma Tre, guidato dall’architetto Chiara Tonelli, che hanno ideato questo modulo centrale per un ampio progetto di riqualificazione urbana dell’area di Tor Fiscale, a sud-est di Roma. Si tratta di un prefabbricato di 76 metri quadrati complessivi, alimentato esclusivamente da energia solare, dalle altissime prestazioni in termini di efficienza energetica e riduzione degli sprechi, realizzato in parte con materiali riciclati dal team di Roma Tre, che aveva già conquistato due anni fa un onorevole terzo posto al Solar Decathlon di Madrid con la casa bioclimatica Med in Italy. Quest’anno la competizione, che si tiene ad anni alterni in Europa e negli Stati Uniti, si è disputata a un passo dalla reggia del Re Sole, tra venti squadre provenienti da 16 Paesi: dall’Olanda al Messico, dall’India al Giappone, dalla Svizzera alla Tailandia. Qui i migliori team universitari del mondo mettono a confronto i propri progetti di edilizia sostenibile in dieci test da superare in sequenza, proprio come nella disciplina sportiva da cui prende il nome. In pratica, si tratta di costruire e poi di simulare il funzionamento di una casa normale durante i 18 giorni della competizione, monitorando le sue performance in materia di architettura, ingegneria e costruzione, efficienza, bilancio energetico, comfort, funzionamento, comunicazione, progettazione urbana, trasporto e convenienza economica, innovazione e sostenibilità. L’obiettivo ultimo è creare un habitat confortevole e funzionale, ma anche economico e facile da costruire, che utilizzi il solare come unica fonte di energia. Il monitoraggio dei risultati è molto preciso: per ogni manche viene assegnato un punteggio, che sommato alle altre categorie va a formare il punteggio finale. Alla fine una giuria qualificatissima premia i progetti migliori. Il tema da affrontare quest’anno alla Cité du Soleil, sempre con criteri verdi, è stata la corsa all’urbanizzazione: un argomento di grande attualità, con il progressivo spostamento in città della popolazione mondiale, che si avvia a essere al 75% cittadina nel giro di una ventina d’anni. La casa italiana, che si è piazzata bene in tutte le prove e poi ha conquistato il podio nel rush finale, è concepita in modo da consentire la massima flessibilità, con la possibilità di modificare e far crescere l’alloggio a seconda delle esigenze del momento. “La proposta abitativa di RhOME mira non solo a sviluppare un progetto architettonico a impatto zero, che produce più energia di quanta ne consumi, ma anche a liberare dall’abusivismo le aree archeologiche, come gli acquedotti romani, a favore di una nuova aggregazione urbana sostenibile”, spiega Chiara Tonelli, docente di Architettura a RomaTre e responsabile del progetto, a cui hanno lavorato una cinquantina di studenti e hanno contribuito numerosi sponsor tecnici, fra cui Daikin per l’impianto di areazione e Rubner Haus che ha costruito e testato la struttura nella sua sede di Chienes. Il concetto di fondo, come dice il nome, è ri-densificare un’area senza occupare nuovo suolo pubblico, ma incrementando il numero di abitazioni con case di piccole dimensioni, che al giorno d’oggi la città non offre, per soddisfare le esigenze di giovani coppie e residenti temporanei. I principali vantaggi consistono nel risparmio economico ed energetico, nella salvaguardia del territorio ancora non costruito, nell’ottimizzazione delle infrastrutture preesistenti e nel miglioramento delle relazioni sociali. L’équipe di Nantes, che si è aggiudicata il secondo posto, ha sviluppato il concetto della città fertile, incorporando l’attività agricola nel quadro urbano con il suo modulo Philéas, creato per riabilitare uno stabilimento industriale dismesso. Il team olandese, terzo classificato, ha puntato invece a ingegnerizzare una “pelle” per avvolgere le case, The Skin, un involucro pensato per aggiungere spazio alle tipiche case olandesi, rendendole completamente autonome dal punto di vista energetico. Tra i concorrenti più agguerriti si sono dimostrati anche gli studenti di due università berlinesi, con il loro progetto Rooftop, che mira a sfruttare i sottotetti vuoti e altri spazi inutilizzati al di sopra dei palazzi già esistenti, in chiave di abitabilità sostenibile.  Il team cileno, preoccupato dai terremoti, ha preferito confrontarsi con un habitat d’emergenza ecologico chiamato Casa Fenix, mentre il team svizzero si è concentrato sulla promozione dell’interazione sociale in chiave ecologica con Your+.