Not in my backyard

A Sparanise nel Casertano in testa al corteo ha marciato anche il vescovo Francesco Tommasiello. In Basilicata, non paghe del blocco antinucleare di Scanzano, destra e sinistra unite hanno promesso opposizione durissima. A Termoli, sulla costa adriatica molisana, la protesta coinvolge una miriade di associazioni e tutte le forze politiche di opposizione. A Scandiano nel Reggiano la Lega Nord sta dando battaglia. A Voghera si rincorrono le sospensive del Tar. Costruire centrali elettriche o elettrodotti, malgrado il decreto Marzano, non è facile di questi tempi. E anche davanti ai terminal gas, che potrebbero liberare l'Italia dai metanodotti, non si stendono tappeti rossi. Ottenere dagli enti locali tutte le carte bollate necessarie per far partire i cantieri dura spesso anni. E talvolta non ci si riesce proprio. Le centrali che hanno ottenuto tutte le autorizzazioni dai diversi ministeri sono ben 26, per oltre 12.600 megawatt complessivi, tra cui anche l'impianto a ciclo combinato da 800 Mw progettato a Sparanise dalla svizzera Egl insieme alla multiutility emiliana Hera, la centrale a turbogas prevista a Termoli da Energia e quella da 400 Mw di Electrabel con Asm a Voghera. Ma solo in otto siti, per poco più di quattromila megawatt complessivi, si sta effettivamente lavorando. E a fronte dei primi collegamenti avviati dalla centrale mantovana di Sermide (Edipower), da quella di Ponti sul Mincio dell'Asm Brescia e da quella di Ferrera Erbognone in provincia di Pavia (Enipower), c'è una lunga lista di incompiute – o meglio mai cominciate – che non accennano a sbloccarsi. Tre sono, ad esempio, le centrali a turbogas che hanno ricevuto parere negativo da parte di altrettante Regioni. Ha negato il suo assenso il Piemonte per la centrale di Leinì, l'Umbria per un impianto che dovrebbe essere ubicato a Narni e il Molise per la centrale progettata a Venafro. Ma ci sono anche casi più complessi, dove i dinieghi si sommano e a volte si incrociano con i permessi. Qualche esempio? In Liguria contro l'impianto di Cairo Montenotte si sono messe Regione, Provincia e ministero dei Beni culturali a cui si oppongono i pareri favorevoli del Comune e dei ministeri di Salute e Infrastrutture. A Bari la proposta per un impianto è passata indenne attraverso l'esame di tre ministeri (Infrastrutture, Salute e Beni culturali), ma si è poi trovata la strada sbarrata per la posizione interlocutoria del Comune. Anche la centrale Enel di Porto Tolle, quella che produce il 5% della potenza di generazione effettiva del Paese, è caduta vittima di un veto: il progetto di riconversione da olio combustibile a un'emulsione di acqua e bitume naturale è fermo per la mancanza delle autorizzazioni regionali. Analoga sorte per l'impianto di Modugno, in Puglia, e per la centrale di Civitavecchia. Qui la riconversione da olio combustibile a carbone ha trovato l'ostacolo di Comune e Regione che hanno alla fine dato il loro consenso, ma solo per una parziale attuazione dei lavori previsti. E poi ci sono gli elettrodotti, come quello di Scandiano (Reggio Emilia) che passerebbe troppo vicino alle case o quello tra Matera e Santa Sofia bloccato dalla Corte d'appello di Potenza. Anche i terminal gas progettati al largo del Delta del Po, nel distretto petrolchimico di Rosignano (Livorno), a Brindisi e in Calabria sono vittime delle resistenze locali, malgrado le autorizzazioni a livello centrale siano già state ottenute da anni. Perfino le centrali eoliche sono fieramente osteggiate, tanto che nel 2003 in Italia sono stati aggiunti solo 20 megawatt di wind farm alla capacità esistente. Secondo i dati della Legambiente, l'Italia non supera così gli 800 megawatt complessivi generati con l'energia eolica (i tedeschi ne hanno 19mila). Eppure negli ultimi dieci anni i consumi energetici degli italiani sono aumentati del 15% (contro il 12% in Europa). Di conseguenza diverse regioni, come la Campania o il Veneto, soffrono di un deficit energetico che rischia di rallentare le loro attività industriali. E da parte delle autorità centrali si sta facendo il possibile per sveltire le procedure. Il documento tariffario appena varato dall'Autorità per l'energia, ad esempio, facilita la connessione dei nuovi impianti, incentivando gli investimenti Enel sugli allacciamenti della rete nazionale alle centrali. Mentre il disegno di legge firmato dal ministro Antonio Marzano, che attende ancora l'esame del Senato, contiene un regime di compensazioni da riconoscere alle amministrazioni disposte a ospitare le nuove centrali elettriche, che potrebbe far cambiare atteggiamento agli enti locali coinvolti. E' proprio su questo punto, oltre che sulla riunificazione della proprietà della rete elettrica in capo al suo Gestore, che la riforma Marzano si è arenata davanti a una raffica di emendamenti. Ma l'efficacia degli incentivi varati sarà essenziale per dare certezze alle aziende e alle banche che devono finanziare gli investimenti.

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