Prezzi fermi, ma è solo un trucco

Mette un freno al caro-energia con una rimodulazione dei rimborsi sugli oneri di sistema, rilancia la sfida dell' opzione nucleare, affronta la questione delle compensazioni locali per facilitare l' insediamento di nuove centrali elettriche, riprende in mano le nomine all' Authority, dove mancano da quasi un anno tre commissari. Claudio Scajola il decisionista sembra intenzionato a imprimere una svolta alla politica energetica italiana. Ma non tutti sono d' accordo con il suo primo atto ufficiale, visto da molti come un ennesimo esempio di finanza creativa. Il decreto con cui il ministro delle Attività produttive succeduto a Marzano ha fermato l' aumento delle tariffe elettriche previsto per fine mese «è solo un palliativo», secondo il presidente e ad di Edison, Umberto Quadrino. «Può essere una soluzione momentanea per non aumentare tariffe e bollette, ma il problema di fondo resta: le aziende italiane pagano l' energia il 30% in più dei loro competitor europei, perché serve una politica industriale che risolva le nostre carenze strutturali», commenta Emma Marcegaglia, vice presidente di Confindustria con delega per l' energia. E c' è addirittura chi prefigura una distorsione pericolosa dei meccanismi di mercato, come Davide Tabarelli, direttore del Rie (Ricerche industriali energetiche). «Non bisogna farsi prendere dall' ansia da inflazione: i segnali di prezzo vanno lasciati liberi, se si vuole che siano efficienti», precisa Tabarelli. Il prezzo è un segnale importante di autoregolazione del mercato: quando sale, alla lunga incide sui consumi, come sta accadendo con le benzine. La scelta di agire subito, invece, tradisce il nuovo stile interventista del ministro. «Speriamo – commenta Tabarelli – che applichi lo stesso interventismo anche a politiche più di sostanza». Scajola si è sentito in dovere di fermare l' ennesima impennata – dopo i rincari dei primi due trimestri dell' anno – diluendo il peso sulle tariffe elettriche degli oneri di sistema, a cominciare dai cosiddetti stranded cost, i costi incagliati, riconosciuti agli operatori per gli investimenti legati a scelte di politica sociale sostenuti nel passato e non più recuperabili con la liberalizzazione del mercato elettrico. Il rimborso degli stranded cost prevede una compensazione di circa 1.400 milioni di euro, di cui circa mille destinati alle casse di Enel e gli altri 400 suddivisi fra Endesa e Tirreno Power, le due società che si sono aggiudicate le gen.co cedute dall' ex monopolista. Grazie al decreto appena varato, solo 300 dei 1.400 milioni di euro verranno rimborsati subito. Il resto (più gli interessi) sarà spalmato con un meccanismo di rateizzazione da qui al 2009. Il progetto allo studio prevedeva anche l' ipotesi di una cartolarizzazione dei rimborsi Cip6 per le energie rinnovabili e assimilate, che però ha bisogno di tempi tecnici più lunghi, coinvolgendo un pool di istituti finanziari, e verrà messa a punto nelle prossime settimane. Va da sé che i relativi sovracosti verranno girati ai consumatori, in futuro. La speranza è che allora il barile di petrolio ci costi qualche euro in meno e l' alchimia della produzione elettrica riesca ad avvicinare i costi italiani a quelli europei. «E' prevedibile che nei prossimi 18 mesi il prezzo dell' energia cali – spiega Sergio Agosta, ad del Gme, che controlla la Borsa elettrica – non solo grazie a un rallentamento del caro-greggio, ma anche grazie all' ampliamento della capacità produttiva e all' evoluzione del mix italiano verso fonti meno care, che si vanno realizzando con le nuove centrali in costruzione». Il governo spera dunque di non pesare troppo sulle tasche dei consumatori, facendoli rientrare nel debito quando il prezzo dell' energia sarà più contenuto. Ma la prospettiva di un contenimento dei prezzi si scontra con altri provvedimenti, che vanno in direzione opposta. «Gli aggravi causati dall' applicazione del protocollo di Kyoto e dall' imposizione dell' Ici sulle turbine delle centrali elettriche sono destinati a far lievitare ulteriormente i costi di produzione dell' energia di almeno 450 milioni l' anno, con un conseguente impatto sulle bollette», rileva Giordano Serena, presidente di Assoelettrica, che raggruppa le aziende produttrici. «Attendiamo i necessari indirizzi dal governo», si lamenta invece il presidente dell' Authority Sandro Ortis – per la revisione complessiva della struttura tariffaria, che potrebbe introdurre una vera e propria rivoluzione nei consumi degli italiani. E' anni che si parla di questa riforma, annunciata come imminente già all' inizio del 2000, ma ancora largamente indefinita. L' attuale «fascia sociale», infatti, andrebbe modificata: a oggi assegna una quota agevolata di energia semplicemente a chi è in grado di accontentarsi di un contatore tarato sui 3 chilowatt di consumi istantanei massimi (tipico caso del single benestante), penalizzando chi consuma di più, ad esempio le famiglie numerose, anche a bassissimo reddito. L' Authority, per la verità, ha lavorato sodo, producendo un corposo documento di consultazione con una proposta precisa per rimediare a questa stortura e cogliere le nuove opportunità tecnologiche per orientare i consumi in maniera più equa e più efficiente rispetto alla produzione e distribuzione di elettricità. Ma il nodo sta nel governo, che doveva elaborare i criteri e gli indici di calcolo della nuova fascia sociale alla quale legare le agevolazioni. E non l' ha ancora fatto.

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