La mia Africa, la mia Olivetti

Il riscatto dell' Africa passa attraverso una rivoluzione informatica. Per Musikari Kombo, ministro keniota degli affari regionali e candidato alle presidenziali di dicembre, è una convinzione che viene da lontano, visto che ha passato gli anni Ottanta a vendere agli africani i primi computer, targati Olivetti. E da quell' epoca gli è rimasta l' abitudine di venire tutti gli anni in vacanza in Puglia, incrociando il flusso dei milanesi diretti a Malindi. «Erano anni difficili – ricorda Kombo – quando in Kenia c' era ancora la dittatura e il livello di conoscenza delle nuove tecnologie era molto basso. Ora le cose sono cambiate». A vederle con gli occhi dell' osservatore esterno, veramente non pare. Ma il ministro cresciuto alla scuola di Adriano Olivetti è un ottimista convinto come quando, nel ' 64, sull' onda dell' indipendenza conquistata da poco, appena diciassettenne era andato a iscrivere i suoi alla nuova anagrafe concepita da Jomo Kenyatta, dando il suo primo nome, Kombo, come cognome per tutti quanti, che secondo la tradizione Bantu non avevano un nome di famiglia. L' ottimismo gli è servito anche in seguito. «Quando ho incominciato a importare computer dall' italia, solo due bambini kenioti su dieci avevano mai messo le mani su un pc, oggi sono almeno sette o otto», precisa. Resta ancora enorme la differenza fra città e campagne: quei sette/otto bambini sono sicuramente dei cittadini. Ecco perché il programma di sviluppo tecnologico del suo ministero è mirato soprattutto alle aree rurali. «Bisogna offrire maggiori opportunità ai ragazzi che non vivono in città – sostiene Kombo – perché possano svilupparsi al meglio senza doversi spostare». Pur essendo un continente ancora rurale, l' Africa, con il suo debito estero di 379 dollari a persona, ha oggi il tasso più alto di inurbamento al mondo (5% annuo) e se le attuali tendenze alla fuga dalle campagne non saranno invertite da nuove politiche di sviluppo del territorio, è destinata a diventare il regno delle bidonville. Se già oggi il 72% dei cittadini africani vive in baraccopoli, il 24% della popolazione urbana non ha accesso all' acqua e il 20% alle fognature, che accadrà se questo fenomeno non verrà rallentato? «Per questo è importante pensare in maniera diversa all' urbanizzazione e alle filiere produttive», ad esempio con la costruzione di nuovi centri urbani piccoli, da realizzare in aree agricole per stemperare la corsa verso le metropoli. L' urgenza di un simile ripensamento discende anche dalle mutazioni climatiche in arrivo: pur essendo il minor consumatore di energia al mondo, l' Africa risulta il continente più esposto alle conseguenze del riscaldamento del clima, anche perché un cittadino su sette dipende da colture legate alle piogge. La riduzione di portata dei laghi Ciad e Vittoria minaccia già oggi l' irrigazione e la produzione di energia in tutta l' Africa centro-orientale. Senza contare i drammi prodotti dall' interazione tra le epidemie: un cittadino keniota su dieci è sieropositivo e di questi otto su dieci hanno anche la tubercolosi. «Certo è una situazione difficile – ammette Kombo – ma non impossibile da risolvere: l' importante è smettere di cercare aiuti dall' estero e cominciare a cercare soluzioni interne. Ai problemi dati dalla colonizzazione, che ci ha lasciati poveri d' infrastrutture produttive e tutti rivolti all' esportazione a basso prezzo delle nostre materie prime, ora si sono aggiunti i problemi dei governi successivi, formalmente indipendenti ma in realtà estremamente dipendenti dagli aiuti occidentali. Basti immaginare che il bilancio keniota è sussidiato al 93% dall' estero. Con tutte le risorse che abbiamo». Risorse difficili da sfruttare per la corruzione rampante che impesta tutta la società, fin nelle transazioni più banali. «La corruzione è uno dei problemi principali da risolvere: per combatterla bisogna liberalizzare, far uscire i pochi servizi che abbiamo dalle mani dei funzionari statali, stimolare la nascita di una nuova generazione d' imprenditori», sostiene Kombo, memore dei suoi esordi imprenditoriali sotto l' egida dell' Olivetti. Basta vedere cos' è successo nella telefonia mobile: «Finché Safaricom (consociata del monopolista statale Telekom Kenya) è stata l' unico provider, i costi erano proibitivi e il servizio disastroso, ma quando è arrivato un secondo provider, KenCell, in sei mesi i prezzi si sono ridotti a un decimo e i cellulari hanno cominciato a diffondersi». Le riforme per incentivare lo sviluppo di un' imprenditorialità innovativa africana, secondo Kombo, sono addirittura più urgenti della soluzione dei problemi strutturali di base, come le ampie aree rurali non cablate e prive persino di energia elettrica, le linee telefoniche carenti (una telefonata dalla Costa d' Avorio al vicino Ghana deve passare per Parigi) o i costi sproporzionati dell' hardware rispetto al bassissimo reddito pro capite dei kenioti. Sbloccati gli ostacoli allo sviluppo della libera iniziativa locale, il resto verrà da sé. E non importa se gli aiuti occidentali arrivano con il contagocce. «I programmi di sostegno nascono e muoiono con chi li ha generati, ma se l' Africa troverà le forze per fare da sola, nessuno potrà fermarla».

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