Con Sameh Fahmi, potente ministro egiziano del petrolio, Pietro Cavanna si dà del tu. E infatti è dall' Egitto che parte la nuova strategia di Edison negli idrocarburi. Con due concessioni petrolifere, in cui la società di Foro Buonaparte è operatore: una nel Deserto occidentale, diventato ormai il secondo sito egiziano di produzione dopo il golfo di Suez, e l' altra nel Mediterraneo. Anche in Costa d' Avorio, dove si comincia a estrarre in giugno, e al largo del Senegal gli italiani sono operatori, cioè controllano il giacimento con una quota di maggioranza. Cinque permessi di ricerca sono stati appena vinti in Norvegia. Più concentrate sul fronte del gas le concessioni conquistate in Algeria e in Qatar, la prima come soci di minoranza della spagnola Repsol e la seconda della compagnia americana Anadarko. L' attività frenetica all' ombra della Madonnina, in coincidenza con le grandi manovre per la fusione del suo azionista Aem con Asm, segnala il ritorno di Edison all' oro nero. Con dietro la potenza finanziaria di Electricité de France, in Italia sta nascendo una seconda, piccola Eni. Ed è proprio dall' Eni che sono stati strappati alcuni degli attori di questa svolta: oltre a Pietro Cavanna, ex braccio destro di Stefano Cao nella caccia ai giacimenti del cane a sei zampe e da poche settimane responsabile idrocarburi in Foro Buonaparte, c' è Luciano Sgubini, ex direttore generale «gas and power» all' Eni e ora consulente speciale dell' amministratore delegato per lo sviluppo del settore gas. Due acquisti importanti, che segnalano lo slancio di Edison ad attrezzarsi come braccio armato nell' upstream della più grande compagnia elettrica del mondo. Una strategia mirata in primo luogo a soddisfare a prezzo di costo la domanda di materia prima generata dalle proprie centrali, ma non solo. Il business dell' oro nero, che piace tanto agli investitori, fa sempre bene a qualsiasi bilancio. Il problema sono i tempi lunghi. Ma ora che sono finiti gli anni dell' incertezza, Edison può guardare lontano. «L' obiettivo è di portare la nostra produzione da 1,5 miliardi di metri cubi all' anno a 2,6 miliardi», spiega Michel Cremieux, direttore operativo di Edison. E la rinnovata centralità dello sviluppo strategico nel settore idrocarburi implica un significativo sforzo in termini di investimenti: 2,6 miliardi di euro nei prossimi cinque anni, quasi il 60% del totale della spesa prevista dal piano industriale. Di questi, oltre 1,5 miliardi sarà destinato alla ricerca e sfruttamento di giacimenti: 350 milioni nelle attività di esplorazione, 750 per la produzione da riserve esistenti e 500 per le nuove scoperte. Che indubbiamente ci saranno, se la caccia scatenata negli ultimi mesi continuerà con questo ritmo. «Oltre all' Italia, dove i giacimenti ormai si stanno lentamente esaurendo e dove ci sono gravi difficoltà autorizzative, le nostre attività di esplorazione si concentreranno nel bacino del Mediterraneo, dalla Croazia all' Egitto, passando per Algeria e Libia, in Africa Occidentale e nel Mare del Nord», illustra Pietro Cavanna. Parallelamente allo sviluppo dell' upstream, Edison è molto impegnata nelle infrastrutture di approvvigionamento. Con la costruzione di un terminale di rigassificazione al largo di Rovigo, del gasdotto Galsi dall' Algeria e dell' Igi dalla Grecia, Foro Buonaparte conta di espandere la propria disponibilità di gas da 13 a 23 miliardi di metri cubi all' anno. «Puntiamo a coprire con il nostro gas il 20% della domanda italiana», precisa Cremieux. E il primo pezzo di questa espansione sarà operativo l' anno prossimo, con il completamento della piattaforma di rigassificazione in Alto Adriatico.
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