Prezzi lievemente in calo per l' energia in queste prime due settimane di Borsa elettrica, ma pur sempre molto alti rispetto alle analoghe Borse estere, che in questo periodo si godono la tranquillità dei riscaldamenti al minimo, dei condizionatori ancora spenti e delle centrali idroelettriche al massimo della potenza. Mentre i prezzi medi dell' Ipex continuano a mantenersi attorno ai 50 euro al MWh, quelli del Nordpool (la principale Borsa mondiale dell' energia), della tedesca Eex, della francese Powernext, dell' olandese Apx e della spagnola Omel si aggirano attorno ai 30 euro. Non stupisce, in queste condizioni, che il prezzo finale al consumatore in Italia sia più alto che all' estero. La Borsa elettrica, partita all' inizio di aprile con oltre due anni di ritardo rispetto ai tempi previsti dal decreto Bersani che ha avviato la liberalizzazione, porta sul mercato italiano una trasparenza senza precedenti: oggi tutti possono conoscere il prezzo dell' energia per ognuna delle 24 ore del giorno successivo e le medie giornaliere sia aritmetica che ponderata in base ai volumi scambiati. Ma da qui a introdurre un vero e proprio regime di concorrenza, ce ne passa. Così tutti attendono l' Ipex, già in tensione a causa della carenza di energia ormai endemica nel nostro Paese, alla prova dei mesi estivi, quando è previsto un incremento della domanda per l' uso sempre più esteso dei condizionatori, in coincidenza con la riduzione fisiologica della potenza degli impianti. «La Borsa elettrica non può fare altro che rispecchiare un mercato bloccato dal punto di vista dell' offerta», commenta l' amministratore delegato dell' Ipex, Sergio Agosta. E non potrà certo impedire da sola altri blackout, anche se uno dei suoi obiettivi è proprio di incentivare gli investimenti in nuove centrali, fornendo uno sbocco sicuro alla futura produzione di energia. «L' avvio delle contrattazioni – fa notare Agosta – aiuterà a gestire i momenti critici della domanda, perché l' aumento dei prezzi indurrà i produttori a mettere sul mercato tutta l' energia che riescono a generare e gli utenti a contenere i consumi. Naturalmente potremo evitare con certezza di restare al buio solo quando aumenterà la capacità di generazione complessiva, probabilmente non prima del 2006-2007, quando verranno immessi nel sistema i 12 mila MW degli impianti attualmente in costruzione». Per ora Agosta si rallegra soprattutto della liquidità che l' Ipex è riuscita ad attirare: «Si temeva che non saremmo riusciti a catturare volumi importanti e invece ci ritroviamo a essere la prima Borsa europea (tranne quella spagnola che è obbligatoria), con una liquidità attorno al 32% ed è probabile che questo trend continui o si accresca, anche perché l' Acquirente Unico è stato molto incentivato con sconti a fare in Borsa i suoi acquisti per il mercato vincolato e quindi si procurerà qui quasi due terzi del suo fabbisogno». Ma i consumatori si attendevano dall' avvio della Borsa una maggior concorrenza fra i produttori e quindi un calo dei prezzi, non certo un aumento come sembra probabile. «Mentre i grandi consumatori possono almeno tutelarsi con i contratti bilaterali – si lamenta Marco Pierani di Altroconsumo – i clienti vincolati rischiano di restare imprigionati nel meccanismo e di doversi accollare tutti gli oneri del sistema». Il dito è puntato contro l' Enel, che controlla oltre metà della capacità di generazione in Italia. In condizioni di carenza di materia prima come queste, l' ex monopolista può fare il bello e il brutto tempo, senza alcuna possibilità di controbilanciare il suo potere di mercato. «L' Enel ha in mano le redini dei prezzi – spiega Antonio Urbano di Dynameeting, principale grossista indipendente attivo sul mercato italiano – anche perché possiede gli impianti strategici, quelli a olio combustibile, che sono i più flessibili ma anche i più costosi e quindi vengono utilizzati solo in caso di necessità, spingendo in alto le quotazioni». In altri termini, Borsa o non Borsa, nelle condizioni attuali il prezzo dell' energia in Italia lo fa l' Enel. È l' ex monopolista che decide quanto chiedere per mettere a disposizione la sua preziosa materia prima. Ed è impensabile che la società guidata da Paolo Scaroni e controllata dal Tesoro riduca i suoi margini solo per far piacere ai consumatori italiani. Per instaurare un regime più favorevole alla concorrenza ci sono solo due strade: una rapida crescita della potenza produttiva dei rivali – da Edison a Endesa, da Atel a E.On passando per la varie municipalizzate – oppure un' ulteriore ondata di dismissioni dopo quella delle prime tre Genco, già proposta a suo tempo dall' Antitrust e bocciata dal Tar del Lazio.
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