Il parere del governo in carica si conosce: «Entro il 2010 dovremo essere in grado di sostituire il petrolio con il carbone pulito e il gas», dice il ministro delle Attività Produttive Claudio Scajola. Perfino il ministro dell' Ambiente, Altero Matteoli, sostiene che «il carbone non va criminalizzato». E il premio Nobel Carlo Rubbia concorda: «Il carbone è oggi sulla terra il combustibile più ricco, ne abbiamo per 230-240 anni, contro i 30-40 anni di petrolio e gas». Un coro di consensi, eppure il piano di riconversione di Enel dal petrolio al carbone stenta ad avanzare. La trasformazione della centrale di Civitavecchia procede a rilento per le continue proteste locali, a Porto Tolle non sono ancora complete le lunghissime procedure autorizzative, mentre la battuta d' arresto per Rossano Calabro, destinata a uscire dal mercato se non si converte al carbone, è ormai considerata definitiva. E anche sull' ipotesi carbone per Montalto si sta scatenando un diluvio di polemiche. Perché? L' unico produttore italiano impegnato fortemente sul fronte del carbone oggi è l' Enel. Tutti gli altri fanno solo centrali a gas. Edison sta costruendo con ExxonMobil un terminale di rigassificazione da 4 miliardi al largo di Rovigo, che alla fine del 2007 consentirà d' importare dal Qatar 8 miliardi di metri cubi di gas all' anno, il 10% dei consumi italiani. «Il carbone non riduce le bollette degli utenti ma i costi di produzione delle aziende elettriche», sostiene Umberto Quadrino, presidente di Edison. E la battaglia di Eni contro il carbone è nota: prima del varo della riforma Marzano, che promuove il suo uso, l' ex amministratore delegato Vittorio Mincato è intervenuto davanti alla commissione Industria del Senato con un invito al legislatore ad essere «molto cauto nel sostenere la generazione di energia elettrica attraverso il carbone, perché il carbone più pulito inquina comunque molto». L' Enel invece è di tutt' altro avviso. «Con la conversione a carbone delle nostre centrali di Civitavecchia e Porto Tolle – spiega il nuovo amministratore delegato Fulvio Conti – ridurremo drasticamente i costi di produzione e così i prezzi dell' energia potranno scendere del 20 per cento, riavvicinando la bolletta italiana a quella media europea. Useremo una tecnologia all' avanguardia – spiega Conti – che riduce fino all' 80 per cento i livelli d' inquinamento rispetto agli impianti tradizionali» e consente di tagliare «anche del 18% le emissioni di anidride carbonica per chilowattora prodotto». Con le nuove tecniche di combustione, oltre ad abbattere il particolato, gli ossidi di azoto e di zolfo, si migliora talmente l' efficienza da ottenere un vantaggio anche sulle emissioni di carbonio, che alimentano l' effetto serra e sono ormai limitate per legge in base al protocollo di Kyoto. «Ma per fare un confronto corretto fra gas e carbone – sostiene Andrea Clavarino, presidente di Assocarboni – bisogna prendere in esame anche le emissioni precombustione, che nei giacimenti di gas da cui si approvvigiona l' Italia sono altissime: in particolare in Russia, la percentuale di CO2 nel gas naturale arriva al 20% del volume e al momento dell' estrazione viene semplicemente rilasciata nell' atmosfera. Mettendo a confronto le emissioni complessive, si scopre che fra gas e carbone non c' è poi tanta differenza». Non a caso il carbone galoppa: «Nel 2004 la domanda globale è cresciuta del 7%, un balzo più che doppio rispetto agli altri combustibili fossili (il petrolio è cresciuto del 3%, il gas del 2,7%) – spiega Clavarino -. Negli ultimi sei anni i consumi di steam coal, quello che serve per mandare avanti le centrali, sono cresciuti del 60 per cento». Già oggi viene dal carbone il 32% dell' elettricità europea e il 39% di quella mondiale, mentre in Italia la sua quota si ferma al 14%.
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