Fotovoltaico, ogni anno si radoppia

Sorpresa: l'Italia dell'energia solare sta diventando attraente per gli stranieri. Questo perché, dopo il taglio in Germania e Spagna delle tariffe per l'incentivazione all'installazione degli impianti fotovoltaici, il nostro è diventato il Paese del Vecchio Continente che può contare sugli aiuti pubblici più elevati. E nonostante gli effetti della crisi, si prevede un forte aumento della potenza installata, con tassi almeno a due cifre per i prossimi cinque anni, quando già nel 2008 la crescita si è attestata al 170%, passando dai 120 megawatt di fine 2007 ai 327 di fine 2008. Per quest'anno, Gianni Silvestrini del Kyoto Club ha appena rivisto al rialzo le sue stime, prevedendo che le installazioni sorpasseranno complessivamente la soglia dei 1000 megawatt e quella dei 2000 già nel 2010. "Il consenso fra gli operatori parla di almeno altri 400 megawatt per quest'anno, ma è una stima prudenziale e quindi l'obiettivo del Kyoto Club non sembra affatto campato per aria", conferma Gualtiero Seva, responsabile per il fotovoltaico di Mitsubishi in Italia e consigliere di Assosolare. Mitsubishi è uno dei leader mondiali di celle, che produce tutte in Giappone. L'Italia è stata il primo mercato europeo dove ha insediato una filiale. "Da quando abbiamo aperto nel 2004, ogni anno raddoppiamo le vendite: così siamo arrivati a un fatturato di 80 milioni e prevediamo di raddoppiare ancora nel 2009", commenta Seva. Ha fatto scalpore, tra gli addetti ai lavori, uno studio della McKinsey che indica l'Italia, insieme alla California, come il Paese più vicino al mondo, oggi, alla "grid parity" fotovoltaica. Ovvero a quel punto di pareggio in cui una cella solare, sotto un cospicuo irraggiamento, riesce a produrre elettricità a costi uguali o persino inferiori a quelli prevalenti di mercato, modulati sulle fonti fossili. Già l'estate scorsa, sulla Borsa elettrica del Gme vi sono stati numerosi casi di richieste spot di picco diurno giunte a 50-60 centesimi per kilowattora, soddisfatte da forniture via rinnovabili. C'è da chiedersi però quanto di questo valore rimanga in Italia, andando quindi a remunerare gli investimenti delle nostre imprese e indirettamente – attraverso l'imposizione fiscale e la creazione di posti di lavoro – il denaro pubblico messo sul piatto dagli incentivi di Conto Energia (finora 50 milioni di euro). In base a uno studio dell'Energy & Strategy Group della School of Management del Politecnico di Milano, nelle tasche del Belpaese rimarrebbe poco, perché le aziende nostrane si concentrano là dove il margine è più basso (dal 7 al 17%), cioè a valle della filiera, nella distribuzione e nell'installazione degli impianti. Mentre a monte – cioè nella produzione e vendita del silicio e dei pannelli, dove i margini superano il 50% – l'import raggiunge quota 98% e il restante 2% è rappresentato da imprese estere con filiale italiana. Bisognerebbe allora concentrarsi sulla sezione a monte della filiera, dove finora si è mosso ben poco in Italia. Non esiste una produzione nazionale di silicio policristallino, la materia prima di base dei pannelli fotovoltaici. La Silfab di Franco Traverso, insieme a due investitori asiatici, punta alla creazione di un polo produttivo italiano a Borgofranco d'Ivrea, che dovrebbe partire all'inizio del 2010. E anche sulla produzione di pannelli non siamo messi molto meglio. Ora ci sta investendo Sorgenia con un impianto in Sardegna, a Villacidro. Enel ha stretto un'alleanza con la giapponese Sharp per la realizzazione di una fabbrica in Sicilia, operativa dal 2010. Il gruppo Marcegaglia sta montando uno stabilimento ad alta tecnologia nel Varesotto. L'Electrolux di Scandicci sta per essere riconvertita a questa produzione. Solarday, che sforna già i moduli, vuole entrare nella produzione di celle su vasta scala. Poi c'è chi punta sulle tecnologie più innovative: il gruppo Moncada sta investendo nella produzione di pannelli di film sottile e la Esco Energy si sta cimentando nel solare “organico”. Ma sono successi ancora tutti da vedere.

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