Smart Planet: l’informatica a servizio dell’ambiente

Nel Saguaro National Park di Tucson, in Arizona, ci sono quasi due milioni di cactus. Bob Love, il capo dei ranger, è costretto a difenderli con il fucile spianato insieme ai suoi uomini, perché quelle monumentali succulente, molto amate dal pubblico, possono valere migliaia di dollari. I più antichi arrivano anche a 200 anni, ma sono troppo grandi per essere trafugati. I ladri preferiscono i saguari di 40-50 anni, che di solito non superano i due metri d'altezza. Scavano sotto le radici e li avvolgono in un tappeto per non farsi massacrare dalle spine. Due di loro sono stati colti sul fatto recentemente con 18 saguari già caricati su un camion. Ma adesso basta. Love ha deciso di usare i moderni mezzi della tecnologia per difendere i suoi cactus e ha ordinato alcune migliaia di chip Rfid da iniettare nelle piante per poterle rintracciare. I chip, in realtà, non sono in grado di svegliare i ranger nel cuore della notte se arrivano i ladri, ma la gente ne è convinta lo stesso. Il punto vero è che i cactus rubati possono essere facilmente identificati con un apposito scanner nei vivai dei dintorni. Sia come sia, l'effetto deterrenza è assicurato, perché il sistema è già stato sperimentato in altri parchi naturali. A Lake Mead, vicino a Las Vegas, non sono i saguari a far gola ai ladri, ma un'altra succulenta tondeggiante di cui il parco è pieno, chiamata in inglese “barrel cactus”, meglio nota in italiano come “cuscino della suocera”. La direttrice Alice Newton ha già iniettato migliaia di chip nei suoi preziosi cactus, con ottimi risultati. I furti, cominciati nel 2000 con danni milionari, sono cessati dopo l'operazione Rfid. Questi sono solo due esempi di come le tecnologie di riconoscimento in radiofrequenza possano essere utilizzate per la tutela dell'ambiente. Ma se ne possono citare molti altri. Per difendere i cinghiali dell'Amazzonia dall'estinzione, gli attivisti del Wwf inseriscono un trasmettitore Rfid nell'orecchio di tutti gli esemplari che riescono ad acchiappare. Piazzando poi delle colonnine riceventi nei luoghi dove i cinghiali vanno ad abbeverarsi, il dispositivo segnala le strategie e gli spostamenti dei branchi senza bisogno di un trasmettitore satellitare, molto più costoso. Nel Kerala, in India, si usa lo stesso sistema per controllare gli spostamenti degli elefanti nelle riserve. L'estrema economicità dei trasmettitori in radiofrequenza è una delle ragioni principali di questo successo: per utilizzare un sistema Vhf si spenderebbero almeno 300 dollari per animale e con il Gps addirittura 3.000, mentre una cimice Rfid costa 3-4 dollari. Non a caso, l'idea di sfruttare a beneficio dell'ambiente questi sistemi, nati per facilitare la logistica della grande distribuzione, comincia ad attrarre anche le aziende che li producono. Ibm si è inserita nel nuovo filone coniando il marchio Smart Planet: sotto questo ombrello vende sofisticati sensori e sistemi che consentano di risparmiare risorse migliorando l'efficienza delle reti di elettricità, gas e acqua, di abbattere l'inquinamento evitando gli ingorghi, di gestire meglio la generazione elettrica dai tetti fotovoltaici e la raccolta dei rifiuti. La reazione delle amministrazioni pubbliche dimostra che la tecnologia verde ha già un mercato. Stoccolma ha chiesto un sistema per ridurre l'inquinamento rendendo più fluido il traffico, Seattle e Portland (Oregon) puntano a riequilibrare la domanda di energia con una tariffazione flessibile, Pechino a migliorare la gestione del bacino fluviale dello Yangtze. Per non parlare della raccolta differenziata dei rifiuti, su cui un ex consulente della Deloitte, Ron Gonen, ha fondato la sua startup RecycleBank. Il principio generale è che migliorando la qualità delle informazioni, la gente tende a prendere decisioni migliori. Trent'anni di studi sul risparmio energetico dimostrano, ad esempio, che semplicemente osservando in tempo reale l'impatto delle proprie azioni porta a un taglio dei consumi dal 5 al 15%. Agilewaves, una startup di ex scienziati della Nasa, punta proprio su questo: portare i consumi energetici fuori dal vano contatori, trasferendoli in tempo reale sul desktop di ogni utente, dovrebbe indurlo a tagliare le spese inutili. Gonen va ancora più in là e suggerisce alle municipalità di premiare i riciclatori più bravi con un sistema a punti. Il suo sistema consiste nel distribuire agli utenti dei contenitori per il riciclaggio dotati di un chip: ogni contenitore viene pesato dallo stesso braccio meccanico che lo svuota nei rispettivi camion di raccolta, per poi trasmettere i dati a un server centrale, dove le quantità riciclate vengono tradotte in un punteggio. La gente può scaricare i propri punti da un sito e utilizzarli poi in una serie di negozi convenzionati. Il suo sistema ha già attirato l'attenzione di diverse amministrazioni locali americane, fra cui quella di Dallas, che lo sta applicando. In termini più generali, l’idea di sposare le tecnologie di trasmissione in radiofrequenza, quelle satellitari e Internet per catturare, analizzare e interpretare i dati ambientali trova sempre nuove applicazioni. L’ultima si chiama Planetary Skin e la sta sviluppando Cisco insieme alla Nasa. Si tratta di una piattaforma di collaborazione online che punta a incrociare i dati satellitari dell’agenzia spaziale con quelli rilanciati da una miriade di sensori piazzati in cielo, in mare e sul territorio di tutto il pianeta, che finora viaggiavano su sistemi isolati fra loro. L’obiettivo è trasformare questi dati in informazioni, che governi e aziende possano utilizzare, per gestire le risorse naturali globali in maniera più efficiente e ridurre le emissioni climalteranti. In pratica, John Chambers sta lanciando un panopticon di vigilanza dell’intero pianeta, basandosi su reti già esistenti, ma scollegate fra loro, come le telecamere di monitoraggio del traffico, le centraline di registrazione dell’inquinamento o i satelliti che osservano lo scioglimento dei ghiacci e il depauperamento delle foreste, sfruttando lo stesso tipo di software che Wal-Mart utilizzerebbe per le consegne just-in-time dei suoi rifornimenti dalla Cina. Il suo occhio informatico avrà una prima applicazione, come si conviene, a San Francisco, dove tutte le informazioni provenienti dai sensori che misurano le emissioni cittadine, zona per zona, saranno messe in rete dalla fine di maggio. Una versione beta del sistema è già online nel sito di EcoMap. In questo sito, costruito con sistemi aperti, tutti i cittadini potranno verificare quali sono i quartieri più o meno virtuosi e anche aggiungere informazioni, raccolte personalmente. Il prossimo progetto si chiama Rainforest Skin e si focalizzerà sull’integrazione dei sensori di monitoraggio delle foreste mondiali, integrando il più possibile anche i dati forniti dagli indigeni. L’aperura del sistema al dialogo con le comunità locali non è casuale: l’occhio informatico di Chambers, infatti, può risultare inquietante per i tutori della privacy dei singoli. Non in tutte le culture si privilegia la trasparenza e anche là dov’è riconosciuta come un valore inestimabile – che induce inevitabilmente a comportamenti più civili e responsabili – la potenza di fuoco di un sistema informativo come quello concepito da Cisco potrebbe dare qualche mal di pancia. E’ chiaro che dotare Planetary Skin dell’aura di un sistema al servizio della comunità darà una mano a superare queste perplessità.

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