Italia campo di battaglia per i big del nucleare

La seconda avventura italiana nel nucleare si va facendo affollata. Dopo la definizione della prima cordata Enel-Edf, che punta a costruire in Italia quattro reattori per oltre 6.000 megawatt di potenza complessiva, sono partiti i grandi lavori attorno a una seconda cordata, che potrebbe comprendere il colosso tedesco E.on e il gruppo francese GdfSuez, tutti e due navigatori di lungo corso nel mercato del nucleare civile. Per raggiungere l'obiettivo del governo di una quota del 25% di energia elettrica da fonte nucleare sul fabbisogno italiano, infatti, i 6000 megawatt di Enel-Edf non bastano, ne servirà almeno il doppio. Resta quindi ampio spazio per un secondo consorzio. E resta spazio anche all'interno del consorzio Enel-Edf, che sarà controllato al 51% dai due partner originari, ma accoglierà altri investitori con quote minori. Tra questi, la prima candidata è Edison. “Vogliamo avere una quota di nucleare proporzionale alla nostra quota di produzione elettrica sul mercato italiano”, ha detto il numero uno di Edison Umberto Quadrino. Il che significa che la società di Foro Buonaparte ha in progetto d'investire almeno 4 miliardi di euro nel consorzio guidato da Enel-Edf, per una partecipazione corrispondente al 20% dell'intera società.

E.on e GdfSuez, invece, hanno aperto un tavolo di lavoro sulla seconda tranche di centrali. “Ma dobbiamo prima vedere – spiega una fonte interna a E.on – le condizioni regolatorie delineate nei decreti attuativi previsti per febbraio, che stabiliranno i criteri per l'individuazione dei siti. Per concretizzare il nostro interesse deve emergere un forte consenso dall'opinione pubblica italiana su questo percorso”. Gérard Mestrallet, presidente e ad di GdfSuez, ha confermato a sua volta l'interesse “a entrare nel nucleare italiano”, con partner sia locali che europei. Ma è chiaro che i due colossi europei sono preoccupati dalle resistenze dell'opinione pubblica ai piani governativi italiani e in ogni caso avrebbero bisogno di un partner locale per partecipare più agevolmente alla spartizione della torta. Per GdfSuez potrebbe essere più facile, avendo già una stabile partnership con Acea, ma si parla anche di A2A e i giochi sono ancora aperti.

Sia E.on che GdfSuez, intanto, hanno scommesso sul programma di sviluppo nucleare inglese. E.on ha appena vinto insieme a Rwe la gara per la realizzazione di ben 6000 megawatt nucleari su due siti, Wylfa e Oldbury, per un investimento complessivo di oltre 15 miliardi. GdfSuez, con Iberdrola e Scottish and Southern Energy, ha vinto l'appalto per una centrale da 3600 megawatt a Sellafield. Mentre l’Italia ha scelto per il ritorno al nucleare una soluzione verticale, basata su un accordo intergovernativo con la Francia, cui è seguita un’intesa tecnologica tra le compagnie di bandiera dei due Paesi, la Gran Bretagna ha optato per un approccio diametralmente opposto: prima ha selezionato i siti in cui realizzare le nuove centrali e poi ha bandito una gara internazionale tra aziende elettriche. In questo modo, i concorrenti hanno già la certezza di avere un sito a disposizione. Ora che gli impianti da realizzare sono stati assegnati, i consorzi investitori metteranno in gara i vari specialisti nel cuore della centrale, principalmente la francese Areva e la nippo-americana Westinghouse, per scegliere quale tecnologia utilizzare nell'isola nucleare.

Per quanto riguarda l'Italia, la polemica sulle tecnologie è già scoppiata da tempo. Enel e Edf contano di replicare qui il reattore Epr che stanno costruendo insieme a Flamanville, con tecnologia Areva. Anche GdfSuez ha messo le mani avanti: sì al nucleare italiano, ma solo con l'Epr di Areva, non con l'Ap1000 di Westinghouse, Mestrallet lo ha detto chiaro. Il governo italiano, però, ha stretto anche un accordo con Washington sulla cooperazione industriale nel nucleare civile, che sembrava preludere allo sbarco di tecnologia americana nella penisola. L'Italia ha un interesse in più sull'utilizzo dei reattori Ap1000, perché Ansaldo ha la licenza Westinghouse e quindi qualsiasi commessa ai nippo-americani ci ritorna in tasca attraverso Finmeccanica. Ansaldo non sembra invece avere molte chance di entrare nell'isola nucleare dell'Epr di Areva, con cui ha aperto un contenzioso piuttosto vivace: mentre i legami con Westinghouse sono considerati “soddisfacenti dal punto di vista industriale e commerciale, con Areva le intese sono ancora insoddisfacenti”, ha detto l'amministratore delegato di Finmeccanica Pierfrancesco Guarguaglini nel corso di una recente audizione alla Commissione Industria del Senato. E' ancora tutto da vedere se Finmeccanica riuscirà a entrare nelle commesse per il nucleare di casa nostra.