E ora il manager ambientalista è pagato di più

La sostenibilità va di moda, ma finora nessuno aveva pensato che potesse influenzare le remunerazioni dei manager. Sbagliato. In Olanda siamo già avanti su questa strada. Il colosso dei servizi postali Tnt e Dsm, una conglomerata che si occupa di energia, farmaceutica e alimentare, sono appena entrate nella schiera di aziende che faranno dipendere parte dei bonus assegnati al top management anche dal livello di sostenibilità raggiunto. In questo caso sostenibilità è un concetto esteso non solo agli aspetti ambientali, ma anche alla soddisfazione dei dipendenti e alla sicurezza. Il problema sta nella misurazione, molto più difficile rispetto a valori numerici precisi come il prezzo delle azioni o i risultati di bilancio. L'azienda chimica Akzo Nobel è stata la prima di questa banda di pionieri a spingersi su un territorio ancora sconosciuto. Metà del suo modello d'incentivazione sul lungo termine è basato sulla posizione che l'azienda raggiunge nel Dow Jones Sustainability Index per il settore chimico. La decisione di Akzo Nobel è stata accolta positivamente dagli investitori: è passata al 97% in assemblea. Ora i manager ricevono il bonus intero se Akzo si posiziona fra le prime tre delle 90 aziende comprese nell'indice Dow Jones e solo una parte se riesce a piazzarsi quarta o quinta. Anche Royal Dutch Shell ha deciso di utilizzare lo stesso modello per i bonus di lungo termine. Ma non tutte le aziende sono d'accordo su questi parametri. Tnt e Dsm, ad esempio, hanno optato per un modello misto che misura la soddisfazione dei dipendenti e dei clienti, la riduzione delle emissioni di CO2 e i tagli ai consumi energetici. In un modo o nell'altro, comunque, siamo arrivati al punto di dare alla sostenibilità un valore economico, che cambia la paga dei capi azienda. Un passo avanti non da poco.