Capodanno con il botto per le rinnovabili italiane

Sarà un Capodanno con il botto per le fonti rinnovabili italiane. "I decreti con i nuovi incentivi sono quasi pronti", annuncia il neoministro dell'Ambiente Corrado Clini, riferendosi ai decreti attuativi che dovranno stabilire in concreto come l'Italia intenda procedere verso gli obiettivi europei 20-20-20 in tema di rinnovabili e di efficienza energetica. Il governo Berlusconi ha lasciato in sospeso la questione e ora sta al nuovo esecutivo affrontare la sfida. "Entro fine anno o al massimo nella prima quindicina di gennaio saranno firmati".

Per il mondo delle rinnovabili è davvero una buona notizia, visto che attende da mesi l'attuazione della direttiva Ue recepita in marzo, per ripartire con gli investimenti. E mentre l'Italia ci pensa su, Bruxelles è già oltre: la Commissione europea ha appena lanciato una consultazione sulle strategie per lo sviluppo delle fonti rinnovabili oltre il 2020 (con scadenza 7 febbraio), tenendo conto dell'ambizione europea di arrivare a una riduzione delle emissioni di gas-serra dell'80-95% al 2050 rispetto alla data di base 1990. Tanto più che l'Europa galoppa verso i target a ritmo sostenuto: Eurelectric (l'associazione dell'industria elettrica europea) ha appena rivisto al rialzo le stime sullo sviluppo della capacità da rinnovabili della Ue a 27, che nel 2020 arriverà a sfiorare i 430 gigawatt installati: includendo il nucleare, dunque, il mix sarà già a zero emissioni per il 59%, mentre nella precedente edizione del rapporto, presentata un anno fa, si prevedeva di arrivare al 60% del parco ad emissioni zero non prima del 2030. La realtà, quindi, supera le strategie, che vanno adeguate di conseguenza.

"Cercheremo di sostenere il comparto in maniera mirata, in modo tale da far crescere non solo la produzione di energia pulita, ma anche la filiera industriale e tecnologica che le sta dietro", spiega Clini, che non ha apprezzato, tanto per fare un esempio, la corsa del mercato italiano verso i pannelli fotovoltaici cinesi. "Se la filiera tecnologica locale non cresce, gli incentivi erogati dallo Stato italiano vanno a finire in gran parte nelle tasche di sistemi industriali concorrenti", ragiona Clini. Sugli incentivi al fotovoltaico ormai i decreti attuativi sono stati già varati. "Non vorrei, però, che il fenomeno si ripetesse anche con le turbine eoliche e con le tecnologie per le rinnovabili termiche", fa notare.

Nella nuova bozza di decreto sulle fonti rinnovabili elettriche, in circolazione fra gli operatori, si prevede un tetto all'energia incentivabile da qui al 2020 compreso fra i 99 e i 108 terawattora l'anno per tutte le fonti diverse dal fotovoltaico, che corrisponde a un costo cumulato degli oneri d'incentivazione tra i 6 e i 7 miliardi di euro. Aggiungendo a questa cifra anche il fotovoltaico, il costo in bolletta raddoppia. E il tetto di produzione incentivabile sale a 124-138 terawattora l'anno al 2020. Il rilancio rispetto al Piano di Azione Nazionale presentato a Bruxelles l'anno scorso è notevole: lì dentro si parlava di 99 terawattora complessivi al 2020. Il nuovo decreto, però, introduce il nuovo sistema delle aste per gli impianti dai 5 megawatt in su, una taglia considerata eccessivamente ridotta dal mondo dei produttori, soprattutto se rimarrà valido il meccanismo di deposito necessario alla partecipazione. "Speriamo che non vi siano sbarramenti che ostacolino le piccole-medie imprese, il nerbo dell'economia italiana", commenta Aper, l'associazione dei produttori di energie rinnovabili.

Il neo-ministro conferma il limite dei 5 megawatt ed è convinto che stiamo andando nella direzione giusta. "Bisogna uscire dalla logica dei grandi impianti di generazione e delle reti lunghe di trasmissione dell'energia elettrica, che comportano forti inefficienze per il sistema", sostiene Clini con la consueta concretezza. "Il sistema dei grandi monopoli che hanno dominato il mondo dell'energia negli ultimi cinquant'anni non è più compatibile con la necessità di uno sviluppo sostenibile", commenta Clini, prevedendo la nascita di un sistema diverso. "L'efficienza di una grande centrale alimentata con i combustibili fossili arriva nella migliore delle ipotesi al 50 per cento", spiega Clini, specificando che in questo modo si perde metà dell'energia immessa nell'impianto con la combustione di gas, olio o carbone. "Un altro 15 per cento va perso nella trasmissione sulle reti ad alta tensione", aggiunge. "La generazione distribuita di energia, basata su tanti piccoli impianti a fonti rinnovabili, raggiunge invece livelli di efficienza almeno del 30 per cento più alti e quindi ha molto più senso dal punto di vista industriale", ritiene Clini. Soprattutto in questi tempi di rigore.

  • Luca Valota |

    Parlando di strategie per lo sviluppo delle rinnovabili non possiamo trascurare l’aspetto “industriale” e di filiera. Uno studio della Fondazione EnergyLab (reperibile direttamente sul sito http://www.energylabfoundation.org) mostra come in Regione Lombardia si sia dimostrata una vivacità del settore, ma non da un punto di vista di tecnologie e manifatturiero bensì di servizi (business questo molto più dinamico ma anche fragile)

  • stefano matteucci |

    Mah

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