Quanto gas si può immagazzinare nei depositi di Stogit, la società di Snam che possiede gli stoccaggi? E soprattutto: quanto di quel gas può essere davvero utilizzato? La domanda, dopo l'ultima emergenza, se la sono posta in parecchi. E la risposta è sorprendente: "Solo 1,4 miliardi di metri cubi delle riserve strategiche si possono effettivamente estrarre", stima Roberto Bencini, geologo esperto di idrocarburi con una lunga esperienza in Lasmo, società di esplorazione dell'Eni, e oggi passato a dirigere Independent Resources, azienda promotrice di un progetto di stoccaggio a Rivara, in Emilia. "Gli altri 3,6 miliardi, che Stogit dichiara come estraibili, in realtà non potrebbero mai uscire, perché manca la pressione sufficiente", valuta Bencini. Quindi dei 5 miliardi di metri cubi di gas qualificati come riserve strategiche e remunerati come tali a Stogit, che nel suo bilancio 2010 dichiara ricavi di 67 milioni in relazione allo stoccaggio strategico (sui 355 complessivi), meno del 30 per cento sarebbe effettivamente utilizzabile.
Già in occasione della crisi del 2006, quando il blocco delle forniture russe costrinse Stogit ad attingere alle riserve strategiche per 780 milioni di metri cubi, lo stesso Paolo Scaroni, numero uno dell'Eni, rilasciò delle dichiarazioni che misero in allarme gli operatori: "A questo ritmo in 20 giorni scenderemo a 2 miliardi di metri cubi. E nessuno c'è mai andato, quindi non si sa bene cosa succederebbe. In quelle condizioni non sappiamo quanto gas si possa estrarre, per unità di tempo, di fronte a un'improvvisa richiesta elevata". Per fortuna le forniture ripresero, ma quel dubbio è rimasto.
In tutti gli stoccaggi, il gas iniettato non è mai completamente estraibile. Per questo si divide tecnicamente in working gas e cushion gas, ovvero gas erogabile e gas cuscinetto, che serve per dare la pressione necessaria a far uscire il resto e non esce mai. Stogit quantifica il working gas stoccabile nei suoi depositi in 15,7 miliardi di metri cubi, destinati a salire a 18 miliardi entro il 2015, grazie alla sovrapressione degli stoccaggi esistenti e all'apertura di un nuovo sito a Bordolano, vicino Cremona. Di questi, 5 miliardi di metri cubi sono considerati strategici, in un Paese estremamente dipendente dal gas come l'Italia, dove metà dell'energia elettrica si produce bruciando metano. Di norma non escono, ma devono essere erogabili in ogni momento. "Nell'ultima crisi, il mese scorso, è emerso chiaramente che più si va avanti nella stagione e più diventa difficile estrarre gas dagli stoccaggi, svuotati dai consumi invernali", obietta Davide Tabarelli di Nomisma Energia. "E' discutibile affermare che la riserva strategica sia realmente erogabile, quindi quel gas andrebbe qualificato come gas cuscinetto, non come working gas", afferma Tabarelli. Il cushion gas, però, non può essere remunerato nello stesso modo di una riserva strategica. Nel bilancio 2010 è collocato tra le attività non correnti, insieme agli immobili, impianti e macchinari.
Questo dato assume un particolare interesse nell'imminenza della dismissione di Snam, imposta all'Eni dal decreto Cresci Italia. In base a una proposta avanzata da Scaroni, il cane a sei zampe potrebbe incassare 6,7 miliardi dalla vendita del 52% di Snam, di cui la metà dalla Cassa Depositi e Prestiti. Nel perimetro della vendita rientreranno anche gli otto siti di stoccaggio, che costituiscono la quasi totalità dei depositi italiani di gas naturale. Gli stoccaggi sono giacimenti esauriti sparsi fra Lombardia, Emilia-Romagna e Abruzzo. Per l'Eni è pratico riciclarli, ma non in tutti i depositi la produttività è la stessa. "Negli otto siti di Stogit lo strato di stoccaggio è prevalentemente sabbioso e il gas depositato s'insinua fra i granelli di sabbia, non in una fessura aperta nella roccia. Per estrarlo bisogna farlo passare attraverso questo labirinto, non in un'autostrada sgombra come accade nel calcare fratturato, quindi il gas estraibile è meno della metà del volume complessivo", fa notare Bencini. Incrociando i dati sulla produttività massima, misurata durante la crisi del 2006, con le quantità immesse nell'estate successiva, quando i depositi furono riempiti fino all'orlo, è facile evincere che il gas estraibile è ben meno di quanto si creda: quasi 4 miliardi di metri cubi di riserva strategica mancano all'appello.
La constatazione riporta alla ribalta l'urgenza di potenziare gli stoccaggi italiani, su cui negli ultimi vent'anni si è avanzato il sospetto di sottoinvestimento strategico, considerando anche il fatto che ampliando l'offerta si darebbe una limata ai prezzi, oggi superiori del 30% rispetto alle medie europee. In questo senso, la separazione proprietaria imposta dal decreto Cresci Italia potrebbe mettere in moto un processo virtuoso, a tutto vantaggio dell'interesse nazionale.