Il sole non è più un lusso e non è solo europeo

L'acquisizione dell'italiana Power One
da parte della svizzera Abb è scoppiata come una bomba sulla
comunità mondiale del solare, che si riunisce da mercoledì a Milano
per il SolarExpo. "Mentre da un lato un colosso tedesco come
Siemens decide di uscire dal fotovoltaico, dall'altro lato il suo
principale concorrente fa un investimento da un miliardo di dollari,
per occupare una posizione di leadership nel mercato degli inverter",
rileva Luca Zingale, numero uno di SolarExpo e delle altre fiere
satelliti, articolate per la prima volta nell'Innovation Cloud,
dall'8 al 10 maggio. "Due mosse così contraddittorie sono
tipiche di un settore giovane che proprio in questi mesi si sta
trasformando profondamente", spiega Zingale. E chiosa: "Peccato
che nessun industriale italiano si sia fatto avanti per rilevare un
marchio come Power One, per noi è come un'altra Gucci o Bulgari che
se ne va".

Fotovoltaico

La crisi di crescita del solare si
esprime proprio in questo processo di consolidamento: da un lato i
fallimenti a catena di chi non regge il crollo dei prezzi, dall'altro
gli investimenti mirati di chi ha le spalle larghe. Sullo sfondo, i
due nuovi driver del mercato, l'internazionalizzazione e la
democratizzazione del solare: i pannelli fotovoltaici non si vendono
più solo in Europa e non sono più un prodotto di lusso. "Fino
al 2000, l'80% delle installazioni fotovoltaiche era concentrata in
Europa, oggi siamo al 50% e domani questa percentuale scenderà
ancora", fa notare Zingale. Nella rosa dei primi mercati del
mondo scendono gli europei e salgono gli asiatici. La Cina scalza la
Germania dal primo posto, ma il fenomeno più eclatante è la
fortissima ascesa del Giappone, che già nel 2013 arriva secondo. Poi
c'è l'India al sesto posto e anche in Corea del Sud si sta
investendo molto. Accanto ai grandi mercati dei gigawatt, poi,
emergono decine di mercati più piccoli, da centinaia di megawatt,
che stanno crescendo rapidamente: Cile, Brasile, Messico, Sud Africa,
Marocco, Turchia e l'Europa dell'Est, dalla Romania all'Ucraina. "In
tutti i Paesi con un'economia in crescita e una demografia vivace,
che porta a una forte urbanizzazione, la domanda elettrica aumenta
rapidamente e se non sono produttori di petrolio, si rivolgono alle
fonti rinnovabili", commenta Zingale. E' in questi mercati che
le imprese italiane cercano nuove occasioni, dopo la fine degli
incentivi in patria.

"Nel contempo, il mercato europeo
sta diventando molto più popolare: ormai un impianto domestico costa
6-7mila euro e molte famiglie se lo possono permettere. Il
fotovoltaico è entrato nel paesaggio psicologico, oltre che
geografico, degli italiani", precisa Zingale. L'Italia, quindi,
resta un mercato molto attraente, il quinto del mondo quest'anno.
Nonostante i crolli del 40-50% nel 2012, dovuti alla riduzione dei
prezzi e degli incentivi, l'industria fotovoltaica italiana è ancora
in piedi e ha già spazzato via le incertezze sulla possibilità di
sopravvivenza senza incentivi. Investimenti come quello di Abb lo
dimostrano, se ce ne fosse bisogno. "Tutti gli ultimi report
delle grandi banche internazionali parlano di 'rivoluzione solare
senza incentivi' per l'Italia e per l'Europa", ricorda Zingale.
E quindi si va avanti: l'internazionalizzazione delle imprese
italiane del fotovoltaico non vuol dire fuga dall'Italia, dove
quest'anno sono prevedibili almeno 2 gigawatt d'installazioni. "Con
la rimozione di alcuni paletti regolatori si potrebbe fare anche
meglio", aggiunge Zingale. Per esempio la vendita diretta
dell'energia solare dai produttori ai consumatori, che ora è
vietata: se un'impresa manifatturiera installa un grande impianto
solare sul tetto del suo capannone e produce più energia di quanta
ne consumi, non può venderla al capannone del suo vicino, ma solo
alla rete. Perché non consentire lo scambio diretto?

La grande paura del 2012, quindi, è
fugata, proprio alla vigilia della fine degli incentivi, che
dureranno ancora poche settimane. La prospettiva globale, secondo
Ihs, è di installare 35 gigawatt di nuovi pannelli quest'anno, +13
rispetto al 2012, malgrado il crollo dei prezzi, che continueranno a
calare. Gli americani, a quanto sembra, si sono già pentiti dei dazi
imposti ai pannelli cinesi e anche in Europa cresce un movimento
contrario alla guerra commerciale contro la Cina, che bloccherebbe il
calo dei prezzi. Questa partita si chiuderà nelle prossime
settimane, ma le voci di corridoio prevedono che i due contendenti
arriveranno prima di giugno a un accordo amichevole.