Se è vero che un battito d'ali di farfalla a Los Angeles può
scatenare un uragano a New York, l'opera del movimento ambientalista
negli ultimi vent'anni avrebbe dovuto invertire la tendenza globale allo
sfruttamento selvaggio delle risorse. Invece non è così. Malgrado
tutto, il mondo continua ad andare avanti nella stessa direzione. Dagli
anni Ottanta ad oggi, l'Earth Overshoot Day arretra sempre. Quest'anno
il consumo di risorse naturali da parte dell'umanità ha iniziato a
superare la produzione che la Terra era in grado di mettere a
disposizione già il 20 agosto. L'anno scorso la data approssimativa del
"giorno del superamento" era arrivata il 22 agosto. Nel 2000 cadeva il
1° novembre. E nel '90 il 7 dicembre.
«Allora, perché continuare a occuparsi di ecologia?». Se lo chiede da
anni Ron Dembo, il matematico che ha sviluppato gli algoritmi più
utilizzati al mondo per la gestione del rischio e ora li applica, con
ZeroFootprint, al calcolo dell'impronta ambientale. «Anni di vertici
politici e di manifestazioni di protesta non hanno cambiato il corso
della storia: da quando ho cominciato i miei calcoli sullo sfruttamento
delle risorse, c'è più anidride carbonica in atmosfera e ci sono meno
pesci nell'Oceano, c'è molto meno ghiaccio nel passaggio a Nord Ovest e
sulle montagne i ghiacciai si sono ridotti a un ritmo allarmante. E
dunque, perché continuare?».
La risposta di Ron Dembo, che parla oggi
all'Innovation Festival di Bolzano, è semplice: «Perché credo che a un
certo punto arriveremo a una svolta e il mondo si accorgerà che siamo in
mezzo alla Terza Guerra Mondiale. Perché credo nella creatività
dell'umanità e sono sicuro che saremo capaci di risolvere questo
problema. Perché credo che la tecnologia possa svolgere un ruolo
fondamentale nel cambiamento. Perché credo che un giorno avremo dei
leader coraggiosi, che vedranno il valore economico della politica
ambientale e cambieranno le nostre leggi». Il valore della tecnologia.
Dembo applica la sua all'edilizia, alle infrastrutture, al mondo delle
imprese. Calcolare tutti i consumi di un edificio e farli confluire in
uno schema unico, per consentirne la facile gestione minuto per minuto,
ha spesso delle ricadute molto rilevanti sulla loro riduzione. «Per
tagliare i consumi bisogna conoscerli: più si rendono evidenti e facili
da analizzare, maggiori sono le misure di efficienza energetica che ne
conseguono», spiega Dembo, che è stato un pioniere della Talking Plug,
la presa di corrente che parla, nel senso che comunica all'utente quanta
energia sta consumando in ogni momento.
Questo meccanismo psicologico vale a ogni livello: dalla città al
singolo elettrodomestico. Un'amministrazione comunale o una compagnia
multinazionale che misura i propri consumi, inevitabilmente tende a
ridurli. «Nelle smart cities che usano i nostri software ci sono stati
dei risparmi energetici notevoli», afferma Dembo. Anche queste sono
soddisfazioni. Ma non bastano. Per far cambiare abitudini a un numero
abbastanza vasto di persone, tale da innescare una svolta globale, ci
vuol altro. Ron Dembo è convinto che la chiave di volta per ridurre
l'impronta ambientale dell'umanità sia cambiare il comportamento dei
singoli. E per cambiare abitudini, non c'è niente di meglio che mettere
le persone in competizione, in gara con sé stesse o con gli altri, per
ottenere un premio. La ricompensa di salvare il mondo è troppo generica,
non basta. «Dobbiamo ispirarci – sostiene – ai programmi fedeltà delle
linee aeree o dei supermercati: che cosa non si farebbe per ottenere un
volo gratis o del pentolame in regalo?». Niente di più facile che
applicare questo meccanismo all'impronta ambientale. «Basterebbe
convincere tutte le imprese del mondo che hanno già un programma fedeltà
a chiedere ai loro clienti di dimostrare un cambiamento di abitudini»,
ragiona Dembo. Miglia aeree in cambio di efficienza energetica.
Pentolame in cambio di tragitti in bicicletta. Soggiorni alle Maldive in
cambio di una riduzione dei consumi idrici. Chi potrebbe resistere?
Gli esempi esistono già. San Francisco e Amsterdam hanno messo in
competizione fra loro i diversi quartieri della città nella corsa
all'efficienza energetica e alla raccolta differenziata: chi riduce di
più i consumi e i rifiuti alla fine dell'anno viene insignito del titolo
di «quartiere verde». Parigi ha fatto ancora di meglio, con un
programma che misura i tragitti in bicicletta: chi va al lavoro
pedalando rientra in una raccolta punti e alla fine i punti accumulati
si possono utilizzare in una serie di negozi di abbigliamento naturale o
di alimentari bio. Philadelphia ha visto salire al 90% la
partecipazione dei cittadini alla raccolta differenziata grazie a un
sistema a premi basato sul peso dei rifiuti consegnati al riciclo. Ma
come si calcolano i tragitti verdi o le riduzioni dei consumi e dei
rifiuti? Qui entrano in scena gli algoritmi. «Ormai quasi tutte le
nostre azioni vengono registrate e ancora di più lo saranno in futuro.
C'è addirittura chi mette in mostra su Facebook i propri dati virtuosi:
dal contamiglia a piedi al contatore elettrico di casa, qualsiasi
software si può connettere direttamente con i social network», fa notare
Dembo. Perché non usare tutti questi dati per spingere al massimo la
sostenibilità delle nostre abitudini?
«La digitalizzazione delle attività umane è giunta a un livello tale
che ogni spostamento, di merci o di esseri umani, su qualsiasi mezzo,
viene registrato da mille sensori e qualsiasi consumo, di elettricità o
di acqua, viene misurato istantaneamente. Rendere leggibili questi dati a
chi li produce sarebbe un'opera di trasparenza e consentirgli di usarli
per ottenere dei premi andrebbe solo a suo vantaggio», rileva Dembo.
Una volta arrivati al punto di misurare tutto e rendere fruibili a
ciascuno i propri dati, non resterà che dare spazio alla fantasia, per
fissare i meccanismi di questo grande gioco. Il miraggio di ricchi premi
potrebbe portare l'umanità là dove la concreta minaccia di gravi danni
non è riuscita a condurci.