L’energia verde puntella i bilanci delle utilities

Le fonti rinnovabili non fanno bene soltanto all’ambiente, ma anche al portafoglio. Soprattutto al portafoglio delle grandi utilities europee, che senza il loro contributo oggi sarebbero ancora più in rosso. E’ questo il quadro che emerge dalla seconda edizione dell’Irex International Report, lo studio di Althesys che verrà presentato il 7 maggio a Milano, nell’ambito del Solarexpo.

“Il settore delle rinnovabili continua ad essere profittevole e in molti casi aiuta i conti della grandi utility, in sofferenza per la domanda di elettricità in calo e i prezzi in picchiata in molti mercati”, spiega Alessandro Marangoni, numero uno di Althesys e responsabile dello studio, che ha censito 359 decisioni d’investimento, acquisizioni e altre operazioni societarie delle 50 principali aziende delle energie pulite, per un valore complessivo di 83,3 miliardi dollari, nel 2012 e nella prima metà del 2013, due anni in cui nonostante la crisi le rinnovabili hanno attratto circa il doppio degli investimenti per impianti nuovi rispetto alle fossili. La maggior parte delle operazioni mappate da Althesys, infatti, è stata destinata a investimenti in nuova capacità produttiva, con 280 impianti per un totale di 30,1 gigawatt e un costo di 69,4 miliardi di dollari.

Ma il dato più interessante dello studio emerge dal confronto fra la redditività complessiva delle gendi utilities europee e quella delle loro divisioni che si occupano solo di fonti rinnovabili, come ad esempio Enel e Enel Green Power. “Il confronto tra i risultati del business rinnovabili, rispetto all’attività complessiva di alcuni dei maggiori gruppi energetici europei, è eloquente: un risultato operativo sul fatturato medio intorno al 40% per il segmento rinnovabili, mentre il resto a stento arriva al 10% o addirittura è in perdita”, fa notare Marangoni. E la storia non è finita qui. “E’ probabile che questo gap rimanga anche nei prossimi anni, grazie anche alla maggiore diversificazione geografica del comparto rinnovabili per alcuni
gruppi, come Enel Green Power, rispetto al business tradizionale. Questo permetterà anche di limitare l’impatto di misure retroattive sulle rinnovabili di alcuni Paesi”, rileva.

UntitledNon a caso, dall’analisi di Althesys emerge il ruolo sempre più importante dei mercati emergenti, pari al 31,5% delle operazioni e al 29,3% dei megawatt di capacità installata. L’industria eolica, in particolare, è sempre più globale, con investimenti crescenti nei Paesi in via di sviluppo. È la prima volta infatti che l’importo degli investimenti nei Paesi emergenti ha superato quello nelle regioni industrializzate. I tassi di crescita più elevati si registrano in America Latina e in Europa dell’Est. In Cina, in particolare, la produzione eolica è aumentata più dell’energia generata con il carbone e per la prima volta ha superato quella prodotta dal nucleare. Tuttavia, si è creata una sovraccapacità di produzione di turbine e spinte centrifughe per i produttori più deboli, costretti a fronteggiare una forte concorrenza sui prezzi da parte dei maggiori operatori.

Per quanto riguarda operazioni di fusione e acquisizione, il segmento principale risulta il fotovoltaico, che da solo costituisce il 40% del totale delle operazioni e il 50% in termini di megawatt. Una tendenza indotta dal rallentamento del settore e dalle vendite delle capacità in eccesso da parte dei produttori in difficoltà. Le operazioni di fusione e acquisizione hanno un ruolo rilevante anche per l’eolico, con il 43% di accordi e il 30% della capacità installata. Un risultato importante dovuto alla scelta di diverse utility di acquistare parchi eolici per espandere le loro attività nelle rinnovabili.

Un indicatore chiave dello sviluppo futuro è rilevabile dal modo in cui le aziende leader – soprattutto negli Stati Uniti e in Europa – hanno spinto sull’innovazione tecnologica realizzando investimenti tripli delle imprese asiatiche. Le spese aggregate 2012 in ricerca delle imprese statunitensi ed europee sono state di circa 2 miliardi dollari, cioè il 12,6% dei ricavi, contro i 486 milioni dollari (4,5% dei ricavi) investiti in Cina e nei Paesi asiatici. L’insieme di queste strategie sembra aver pagato. Nel 2013 sono andate molto bene le azioni delle società dell’energia pulita quotate in Borsa: dopo quattro anni di declino il loro valore complessivo è salito del 54%.