Un sindaco ci salverà

Il protocollo di Kyoto muore sotto i nostri occhi, il mercato delle emissioni affonda, il G7 si piega alle istanze di Big Oil. Ma nel frattempo Los Angeles dimezza le sue emissioni, sotto la guida lungimirante di Antonio Villaraigosa. New York diventa un “paradiso” per ciclisti, grazie alla strategia di Michael Bloomberg. E Parigi inaugura il più grande sistema di car sharing elettrico al mondo, fortemente voluto da Bertrand Delanoë. Tre sindaci di orientamenti politici differenti, eppure spinti dalla stessa molla: la richiesta diretta di qualità della vita avanzata dai loro cittadini. Ben Barber, politologo della City University di New York e autore di If Mayors Ruled the World, è convinto che solo con questo tipo di pragmatismo il mondo si potrà salvare dalla catastrofe ambientale. E in questo senso, “l’Italia è un ottimo esperimento, un laboratorio perfetto”, sostiene Barber, incontrato a Rotterdam nell’ambito della conferenza Resilience and Urbanization, un’iniziativa di Royal Dutch Shell. Se a Matteo Renzi serve un teorico che dia spessore accademico alle idee del “sindaco d’Italia” e alla riforma degli enti locali, con le sue nove città metropolitane, Ben Barber è la persona giusta.

“Lo Stato-Nazione è un’entità inefficace, superata dalla Storia. Non è solo un problema italiano, ma globale. Lo Stato centralista è paralizzato dall’ideologia e dai contrasti politici. I sindaci invece fanno i conti ogni giorno con i problemi reali della gente, non possono permettersi il lusso di essere ideologici. E sono davvero in prima linea. Quando Washington ha chiuso gli uffici del governo federale, nessuno se n’è accorto. Ma se chiudessero Milano o Torino scoppierebbe la rivoluzione”.

Barber immagina un mondo di Città-Stato, che amministrano con lungimiranza il loro territorio, mantenendo un filo diretto con i cittadini, senza mai perdere di vista le loro esigenze. Mentre i grandi del mondo litigano, paralizzati di fronte agli effetti devastanti dei cambiamenti climatici, i sindaci pedonalizzano i centri cittadini, limitano il traffico delle auto, srotolano piste ciclabili, costruiscono reti di tele-riscaldamento, di bike sharing, di car sharing, convertono a led l’illuminazione pubblica, impongono edifici a energia quasi zero, mettono fuori legge i sistemi di riscaldamento inquinanti. “Le città ospitano già oggi oltre metà dell’umanità, ma producono l’80% della ricchezza mondiale e delle emissioni a effetto serra”, fa notare Barber. “E’ da qui che deve cominciare la transizione energetica e per fortuna è già cominciata. Concentrando gli sforzi su edifici e trasporti urbani, che sono responsabili del grosso delle emissioni globali, si fanno progressi più rapidi di cento protocolli di Kyoto”.

L’effetto collaterale, neanche tanto secondario, per Barber sarebbe la rivitalizzazione della democrazia. “La democrazia pragmatica ed efficace delle città può ridare ottimismo ai cittadini disgustati dai partiti politici nazionali. Se la sostenibilità richiede una democrazia sostenibile, allora le città sono il posto giusto per riattivare la vita politica, devastata dalla corruzione e dalle disfunzioni degli Stati nazionali”, sostiene. La governance globale, secondo Barber, non ha bisogno di un grande edificio con governanti unitari. Può essere volontaria, informale, bottom-up. “Le città sono inclusive, mentre gli Stati nazionali escludono per loro natura chi è fuori dai propri confini”. Orizzontalismo al posto delle gerarchie, interdipendenza pragmatica invece delle ideologie nazionaliste: in pratica, un pianeta governato dalle città, un vasto e multiforme glocalismo democratico, senza imposizioni dall’alto.

Ingenue utopie alla Tommaso Campanella? Non soltanto.

Le città agili, corvette da filibustieri più che galeoni spagnoli, capaci di adattarsi alle nuove esigenze di abitabilità, mobilità e anche, nel caso, agli inconvenienti tipici dell’effetto serra (alluvioni, tempeste, sbalzi climatici), non sono solo il pallino di Barber, ma di una schiera di visionari in giro per il mondo, compresi alcuni sindaci illustri. Dal Covenant of Mayors alle 100 Resilient Cities, le metropoli del mondo si stanno organizzando. “Il mio sogno è un parlamento mondiale dei sindaci”, confessa Barber, che conta già su un nucleo di una trentina di aderenti e vorrebbe riunire per la prima volta la futura “Onu dei sindaci” a Rotterdam in settembre. Tra gli italiani, cita Giuliano Pisapia, Piero Fassino e, forse, anche lui, il nostro sindaco nazionale, Matteo Renzi.