Dopo il fotovoltaico, il solare a concentrazione. Sono pronti per essere cantierizzati impianti per quasi 300 megawatt di questa tecnologia nata in Italia, con un investimento complessivo superiore a 1,5 miliardi di euro. E senza bisogno di tappezzare il territorio di pannelli, com’è successo con l’ondata precedente.
I progetti principali sono due impianti da 50 megawatt in Sardegna, un altro da 50 megawatt in Basilicata e sette impianti per una potenza complessiva di 85 megawatt in Sicilia. Non stupisce la soddisfazione di Gianluigi Angelantoni, presidente dell’Anest, l’associazione che riunisce le imprese della filiera. “Siamo ai nastri di partenza e siamo convinti che entro fine anno si avvieranno i cantieri per i primi impianti di solare termodinamico in Italia. Un passo avanti che potrà portare un beneficio al Paese in termini di energia verde prodotta e di posti di lavoro. Senza contare che gli investimenti previsti potranno portare nuova occupazione e la creazione di una vera e propria filiera industriale in grado di esportare anche all’estero questa tecnologia nata in Italia”, spiega Angelantoni.
Parallelamente sono in fase progettuale e di iter autorizzativo altri impianti, localizzati nelle stesse regioni, per ovvi motivi d’insolazione, che potranno contribuire con ulteriori 100 megawatt all’obiettivo fissato dal governo, di 600 megawatt installati al 2020. Un traguardo raggiungibile secondo Anest, perché il solare termodinamico potrebbe avere un ruolo primario come potenza di base, in grado di rivoluzionare, grazie alle sue capacità di stoccaggio, il parco energetico nazionale.
La tecnologia solare termodinamica italiana, nata dagli esperimenti avviati all’Enea dal Nobel Carlo Rubbia con il progetto Archimede, si basa sull’utilizzo di sali fusi come fluido di stoccaggio del calore solare, che consente di produrre energia anche quando il sole non splende. L’immagazzinamento dell’energia con i sali fusi è particolarmente conveniente, perché consente di raggiungere temperature più alte rispetto ad altre tecnologie concorrenti e quindi rende la produzione elettrica di questi impianti perfettamente modulabile in base alla domanda.
Al di là dei vantaggi derivanti per il sistema elettrico dall’introduzione di una fonte rinnovabile costante e programmabile, l’avvio dei primi impianti nazionali darà una marcia in più alla filiera italiana del solare termodinamico, che si prepara ad affacciarsi sui mercati esteri per partecipare ai grandi progetti internazionali, come quello dell’Arabia Saudita, con una serie di progetti da 25 gigawatt complessivi da realizzare entro 20 anni e investimenti di oltre 100 miliardi di dollari. Se le imprese italiane riuscissero ad ottenere anche solo una piccola parte di questi investimenti, la ricaduta per la nostra economia e per l’industria del settore sarebbe molto significativa. Ma per competere nei grandi progetti internazionali le imprese italiane hanno bisogno di referenze, cioè di impianti solari termodinamici già operativi in loco, che dimostrino la validità della nostra tecnolgia.
Per ora in Italia esistono solo i due impianti dimostrativi di Priolo e Massa Martana, oltre a qualche altro piccolo impianto, come quello di Rende in Calabria, che associa il solare termodinamico a un centrale a biomasse. Non bastano per far scattare l’interesse degli investitori internazionali.
@elencomelli