Acqua dolce dal mare a prezzi contenuti. E’ questa la missione che si sono prefissi diversi team di ricerca impegnati in tutto il mondo sull’osmosi diretta, una variante degli attuali sistemi osmotici di dissalazione, che potrebbe rivoluzionare il mercato abbassando considerevolmente i costi di produzione.
La britannica Modern Water è stata la prima a tentarne l’industrializzazione con un impianto in Oman, che produce acqua pulita a basse temperature e a basse pressioni, utilizzando il 30% di energia in meno rispetto agli attuali impianti commerciali a osmosi inversa. La tecnica applicata da Modern Water è stata sviluppata dal team di Adel Sharif nel Centre of Osmosis Research and Application dell’università del Surrey. Il processo si basa su due stadi per estrarre acqua dolce da quella salina: il primo stadio è rappresentato da un’unità a osmosi diretta, in cui l’alimentazione salina viene messa in contatto attraverso una membrana con una soluzione a pressione osmotica più elevata, causando il naturale passaggio di acqua attraverso la membrana per diluire quest’ultima soluzione. La soluzione così diluita viene inviata al secondo stadio, dove il processo si ripete in un’altra unità a membrana, ottenendo da un lato l’acqua pura e dall’altro rigenerando la soluzione a pressione elevata, che viene rimandata al primo stadio. Rispetto al processo a osmosi inversa, dove si applicano pressioni molto maggiori, i due stadi permettono un ridotto consumo energetico, il che assicura anche una durata più lunga delle membrane utilizzate. Modern Water ha sperimentato il processo in un impianto pilota a Gibilterra e poi lo ha applicato in un dissalatore commerciale ad Al Khaluf, in Oman. Ora ha diverse commesse in Cina.
L’americana Oasys Water, lavorando con un metodo sviluppato a Yale da Rob McGinnis e Menachem Elimelech, è riuscita invece a ridurre del 90% il fabbisogno elettrico richiesto dai sistemi attuali, sempre applicando un processo di osmosi diretta, che utilizza ammoniaca e anidride carbonica in un circuito chiuso, eliminando anche in questo caso la necessità di alte pressioni. Oasys non è ancora arrivata alla piena industrializzazione, ma è partecipata dall’imprenditore cinese Junyuan Gu, che prevede una rapida applicazione del nuovo processo in Asia.
Sulla depurazione dell’acqua contaminata, che fa un milione e mezzo di morti all’anno, quasi tutti bambini, si concentra invece la ricerca dell’Indian Institute of Technology di Chennai. Una soluzione basata sulle nanotecnologie, inventata dal team di Thalappil Pradeep nel dipartimento di Chimica, potrebbe essere la risposta giusta al problema. Il suo filtro è composto da alluminio associato a un biopolimero e a nanoparticelle di argento, che a contatto con l’acqua liberano debolissime cariche elettriche. Il risultato è un materiale che ingabbia elementi contaminanti come piombo e arsenico, mentre le nanoparticelle d’argento uccidono virus e batteri. Il filtro, ancora in fase di test, potrebbe produrre acqua pulita per una famiglia intera con un spesa irrisoria: appena 2 dollari all’anno.
L’immagine fa parte del lavoro fotografico di Edward Burtynsky esposto nella mostra Acqua Shock al Palazzo della Regione Fotografia, fino all’1 novembre 2015