Il vento batte l’atomo in convenienza

L’eolico offshore ha ufficialmente superato il nucleare come fonte energetica più conveniente nell’Europa del Nord. Nell’ultima asta bandita dal governo britannico per 3,2 gigawatt di nuova potenza eolica su tre diversi siti nel Mare del Nord, il prezzo dell’energia accordato alle imprese vincitrici è stato di 57,50 sterline per megawattora, molto meno delle 92,50 sterline per megawattora garantite alla nuova e contestatissima centrale nucleare di Hinkley Point. In base ai dati pubblicati dal Dipartimento britannico per l’Energia e la Strategia Industriale, i contratti vincitori hanno presentato offerte di oltre la metà più basse rispetto a quelle di appena due anni fa. Nell’asta del 2015, infatti, i progetti eolici offshore avevano ottenuto un prezzo tra le 114 e le 120 sterline per megawattora. A regime, i 3,2 gigawatt di nuova potenza eolica dovrebbero fornire energia sufficiente ad alimentare 3,6 milioni di case. “Abbiamo messo la crescita pulita – ha commentato il ministro dell’Energia e dell’Industria, Richard Harrington – al centro della strategia industriale per sbloccare nuove opportunità in tutto il Paese, mentre tagliamo le emissioni di anidride carbonica”.

Attualmente la capacità installata di eolico offshore in Europa è pari a 11,5 gigawatt, con 82 campi eolici in undici Paesi, fra cui non figura l’Italia, dove si attende ancora l’arrivo delle prime pale in mare. Ma gli investimenti crescenti portano a prevedere una forte crescita: entro il 2030 l’eolico offshore potrebbe fornire il 7% dell’energia di cui l’Europa ha bisogno, anche grazie allo sviluppo di nuove tecnologie, prima fra tutte quella dell’eolico galleggiante, che potrà consentire di superare i limiti imposti dalle coste scoscese e dai fondali profondi come quelli italiani, dove l’eolico offshore fa fatica ad affermarsi.

La prima installazione di eolico galleggiante su scala commerciale è stata completata alla fine di agosto al largo di Aberdeen, in Scozia, nell’ambito del progetto Hywind di Statoil, che ha condotto quindici anni di ricerche su questo tipo di tecnologie. Le cinque turbine eoliche da 6 megawatt ciascuna sono state trainate fin qui dalla Norvegia e ancorate in acque profonde 120 metri, mentre di solito i campi eolici offshore non vanno oltre i 50 metri di profondità. Statoil sta testando le nuove turbine da sei anni: le macchine stanno verticali grazie a una zavorra cilindrica immersa in acqua per 78 metri e ad ancoraggi al fondale, realizzati tramite cavi di acciaio. Statoil ha investito oltre 200 milioni di euro nel nuovo parco eolico, che sarà operativo in ottobre.

Per Irene Rummelhoff, direttrice della divisione low-carbon del gigante norvegese, citata dal Guardian, le nuove macchine possono lavorare in siti “con fondali dai 100 ai 700 metri di profondità, ma si potrà andare anche oltre”. In questo modo si aprono enormi possibilità per l’eolico offshore in tutte le aree, dalla California al Giappone, passando per l’Italia, dove non si riescono a cogliere le opportunità offerte dai siti più ventosi proprio per i limiti imposti dai fondali troppo profondi.