I limiti fisiologici dell’evoluzione

Jeanne Calment è nata e vissuta sempre ad Arles, nel Sud della Francia. Nel 1885, a dieci anni, ha partecipato al funerale di Victor Hugo, a Parigi, insieme alla sua famiglia. Qualche anno dopo ha conosciuto Vincent van Gogh, che frequentava il negozio di suo padre. Scomparsa nel ’97 a 122 anni e spiccioli, Jeanne è considerata la persona più longeva di cui si abbia notizia certa. Dopo di lei, nessun altro si è nemmeno avvicinato a un’età così avanzata. E secondo Jean-François Toussaint, professore di Fisiologia all’Università Paris-Descartes, sarà difficile andare oltre questo record. Anzi. È possibile che l’umanità abbia ormai raggiunto i limiti della sua evoluzione e da qui in poi sia destinata a declinare.

L’illusione di poter allungare la vita umana all’infinito, da un lato curando la vecchiaia come fosse una malattia, dall’altro applicando sistemi sempre più sofisticati di editing genetico, resta fra i più persistenti miti dell’umanità, insieme al sogno di volare e all’invenzione del teletrasporto. In particolare negli ultimi anni, grazie ai successi straordinari che abbiamo potuto constatare nel secolo scorso, la speranza si è talmente rafforzata da portare più di uno scienziato a ipotizzare i 200 anni di vita come un traguardo a portata di mano. Toussaint, insieme a un team multidisciplinare di ricercatori, ha analizzato però per la prima volta a fondo tutti i dati storici relativi alle prestazioni atletiche, alle variazioni dell’altezza e alla durata della vita umana registrati negli ultimi 120 anni. E ne ha dedotto, in uno studio pubblicato sulla rivista Frontiers in Physiology, che l’umanità ha raggiunto i limiti dell’evoluzione. Più in là di così non si può andare. Peggio: dopo tanti anni di progressi, oggi si delinea addirittura l’inizio di un contraccolpo.

«Dal 1900 al 2000, nella maggior parte dei Paesi ad alto reddito, l’aspettativa di vita alla nascita è aumentata di circa 30 anni», ragiona Toussaint. Un enorme salto di qualità, «associato a un forte aumento dell’energia pro-capite disponibile e sostenuto da forti sinergie tra crescita economica, progressi della medicina e diffusione tecnologica». Stesso discorso vale per l’altezza: nel secolo scorso, in base alle misurazioni più accurate, c’è stato un progresso medio di 3,6 centimetri per le donne e di 3,5 per gli uomini residenti nei Paesi industrializzati. Di conseguenza, sono migliorate anche le performance atletiche in tutte le discipline olimpiche.

Tuttavia, a un certo punto questi straordinari progressi si sono fermati. Continua ad aumentare il numero di persone che raggiunge un’età molto avanzata, ma la longevità media non migliora più, semmai si riduce. «Gli ultimi due decenni hanno mostrato un rallentamento e persino una riduzione dell’aspettativa di vita in popolazioni specifiche, come le donne euro-americane negli Stati Uniti, che potrebbe indicare la prima inversione nelle tendenze in atto», precisa. Lo stesso schema emerge in relazione alle prestazioni atletiche, dice Toussaint, che nella prima parte della sua vita è stato un atleta professionista. I risultati degli olimpionici hanno raggiunto una soglia, oltre la quale non riescono più ad andare, infatti negli ultimi anni si battono sempre meno record. Al contrario, in alcune discipline, come il lancio del peso, i risultati sono peggiorati dopo l’introduzione di controlli antidoping più stringenti.

«Se consideriamo la comunità scientifica convinta dell’idea che, nel prossimo futuro, gli esseri umani possano vivere 200 o 500 anni, è facile dimostrare che questi ricercatori solitamente eseguono proiezioni matematiche senza alcuna considerazione biologica e ambientale – spiega Toussaint -. Hanno un approccio che non tiene conto né della complessità delle interazioni tra gli individui e il loro ambiente, né delle interazioni fra le specie».
Toussaint non è il primo scienziato che ha identificato un limite massimo alla longevità umana. Un anno fa, un gruppo di ricercatori dell’Albert Einstein College of Medicine di New York hanno fissato questo limite estremo a 115 anni, un’età confermata anche da uno studio recente dell’Università olandese di Tilburg e della Erasmus University di Rotterdam.

Nell’analisi guidata da Toussaint, in più, si studiano anche le possibili evoluzioni future, in relazione al riscaldamento del clima. «È evidente che i tratti fisiologici sono direttamente e indirettamente influenzati dai cambiamenti ambientali – fa notare Toussaint -. Ad esempio, la temperatura gioca un ruolo cruciale nei tassi di mortalità, nelle prestazioni sportive e nelle interazioni tra le specie. I tassi di sopravvivenza e le temperature sono legati a un valore ottimale tra i 20 e i 26°C. Grandi scarti di temperatura derivati dagli attuali cambiamenti climatici possono già avere, e avranno ancora di più, impatti sfavorevoli sulla nostra capacità di sviluppare appieno le nostre potenzialità».

Diversi settori cruciali per il benessere umano, inoltre, mostrano segni di saturazione, «tra cui l’agricoltura sotto pressione per la forte crescita demografica, il cambiamento del clima, l’eccessivo sfruttamento del suolo e le perturbazioni dei processi ecologici, che portano a grandi perdite di biodiversità: i crescenti vincoli ambientali e la riduzione delle risorse primarie potrebbero essere la chiave per prevedere l’andamento delle future prestazioni umane». Un futuro che, chiaramente, Toussaint non valuta in positivo.

È un circolo vizioso: «L’Homo Sapiens altera il suo ecosistema, mentre l’ecosistema influenza la sua fisiologia». In pratica, dice Toussaint, è l’uomo che divora se stesso. La buona notizia è che conosciamo le soluzioni. «Conoscere i limiti della specie umana indica obiettivi chiari per qualsiasi nazione: gli Stati dovrebbero governare in modo tale che le dimensioni umane, la durata della vita e le prestazioni fisiche aumentino al fine di raggiungere i loro valori più alti per la maggior parte delle persone. Raggiunte le soglie massime, bisogna evitare la regressione, anche se rimanere vicini ai limiti superiori può diventare più costoso. Questo obiettivo sarà una delle sfide centrali di questo secolo, in particolare con la nuova pressione delle attività antropogeniche responsabili di effetti deleteri sugli esseri umani, l’ambiente e la salute». Sembra facile.