Il junk-food che non piace ai nativi digitali

L’era del junk-food volge al termine? I Millennials, a quanto pare, non lo digeriscono. La nuova generazione di consumatori, nati fra il 1980 e il 2000, che ormai sta superando in dimensioni e ricchezza quella mitica dei Baby Boomers, respinge al mittente gli hamburger di plastica di McDonald’s e le bollicine low-cost di Coca-Cola. Vuole cibi sani, locali, possibilmente biologici, da consumare con lentezza in compagnia. I nativi digitali sono cresciuti nella grande stagione del junk-food, ma hanno anche imparato a informarsi sui danni dell’alimentazione sbagliata. E le preferenze per l’alimentazione naturale, in base a uno studio di Sanford Bernstein, crescono in proporzione all’attivismo sui social media.

Tutti gli ammonimenti degli ultimi anni sui danni del cibo spazzatura, sull’obesità dilagante e le malattie cardiovascolari in aumento, evidentemente, stanno facendo breccia. La nuova generazione di consumatori si rivela molto più diffidente dei suoi padri nei confronti del Big Food, tanto che i giganti del settore vedono le loro vendite in rapido declino. I Millennials hanno un interesse molto più spiccato dei loro padri per il benessere e mettono in cima alle loro preferenze, secondo la ricerca, la freschezza, la qualità e la trasparenza degli ingredienti. I cibi confezionati sono considerati con sospetto da questi nativi digitali, che hanno visto i documentari di critica sociale come Super Size Me o Meat the Truth e considerano le informazioni nutrizionali fornite sull’etichetta come troppo influenzate dagli interessi economici delle imprese produttrici.

Resta il fatto che dal 1980 ad oggi l’incidenza dell’obesità è raddoppiata a livello globale e non accenna a rallentare. Ben 42 milioni di bambini sotto i 5 anni sono già obesi e ormai il 65% della popolazione mondiale, in base ai dati dell’Oms, vive in Paesi dov’è più probabile morire di eccesso di cibo che di malnutrizione. Ma qualche segnale di miglioramento sta arrivando e proprio dagli Stati Uniti, culla del cibo spazzatura.

L’anno scorso per la prima volta il tasso di obesità nei bambini della scuola materna è calato significativamente, passando dal 14% del 2004 all’8% del 2014. Nel resto della popolazione il problema rimane un’emergenza: un terzo degli adulti e il 17% degli adolescenti americani è obeso e il trend continua ad aumentare tra le donne con oltre 60 anni. Ma indubbiamente le tante campagne contro il junk food, portate avanti anche dalla first lady Michelle Obama, stanno finalmente dando qualche risultato. Per gli esperti, infatti, è importante notare questo calo del 43% nell’obesità prescolare, perché chi attraversa l’infanzia senza aumentare troppo di peso ha cinque volte meno possibilità di diventare obeso da adulto. Le cause di questi primi successi si attribuiscono alla minore diffusione delle bevande gassate zuccherate, alla maggiore propensione delle madri ad allattare al seno e alla generale riduzione delle calorie portate in tavola a scuola e nelle case. In generale, i consumatori americani frequentano sempre di più le parti periferiche dei supermercati, dove si trovano i cibi freschi, e snobbano le corsie centrali, piene di alimenti confezionati.

Vittime di questo trend sono i produttori di cibi confezionati, come General Mills, e i giganti del fast-food. McDonald’s e compagni, da Wendy’s a Chipotle Mexican Grill, stanno registrando per la prima volta forti cali. McDonald’s, in particolare, nel terzo trimestre del 2014 ha messo a segno il peggior risultato degli ultimi dieci anni, con un calo degli utili del 30% e anche nel quarto trimestre non è andata molto meglio, con un calo del 20%. Il cambio di strategia per correre ai ripari include una chiarissima virata verso i cibi naturali: olio di oliva al posto dei grassi idrogenati e mele tagliate in regalo a chi compra un Happy Meal. Ma anche un’apertura verso la trasparenza, con una campagna intitolata “Our Food Your Questions”, lanciata su tutti i social media, per consentire ai consumatori di porre domande e ricevere risposte sui contenuti dei pasti serviti nei ristoranti della catena. Malgrado gli sforzi, però, sarà difficile che il colosso del fast-food riesca a trasformarsi in un campione dei cibi naturali e ci sono tutti i segnali per prevedere un declino inesorabile, simile a quello dei giganti del fumo.