Nel film «Il laureato» (cult movie del ' 67 con Anne Bancroft e Dustin Hoffman), il giovanissimo Ben viene avvicinato da un collega del padre, che gli consiglia la strada da percorrere: «C' è un grande futuro nella plastica». Oltre 40 anni dopo, la storia si ripete. La plastica del nostro futuro, però, non viene dal petrolio, come quella di allora. Viene dai campi, dalle alghe o da qualunque biomassa utile anche per produrre biocarburanti. Guido Ghisolfi, vicepresidente della più grande azienda chimica privata rimasta in Italia, Mossi & Ghisolfi, l'ha capito e ha investito 120 milioni di euro in ricerca, per mettere a punto il più grande impianto di bioetanolo di seconda generazione al mondo, che utilizzerà come materia prima la paglia di scarto e la canna dei fossi, senza fare concorrenza alle colture alimentari. A partire dal 2012, Ghisolfi produrrà 50 mila tonnellate all' anno di bioetanolo nell' area ex Teksid di Crescentino, vicino a Vercelli, riconvertita alla chimica verde dopo l' abbandono dell' industria siderurgica. Oggi il gruppo di Tortona, fondato nel 1953 dall' attuale presidente Vittorio Ghisolfi insieme con il suocero Domenico Mossi, è leader mondiale nella produzione del polietilene per le bottiglie di plastica, il Pet, con una capacità di 1,7 milioni di tonnellate l' anno, tremila addetti distribuiti su tre continenti, dal Brasile alla Cina, e un giro d' affari da 3 miliardi di dollari. Ma lavora al Pet del futuro. Lo sforzo di ricerca compiuto in questi anni dalla multinazionale piemontese, infatti, va al di là della questione dei biocarburanti: «Con le nostre ricerche stiamo tentando di arrivare a una plastica verde, prodotta dal bioetanolo, competitiva con quella derivata dal petrolio – dice Ghisolfi -. Questo ci renderebbe autonomi dai combustibili fossili e ci consentirebbe di controllare tutta la filiera, a partire dalla materia prima». L' impresa di Tortona non è l' unica, in Italia, a occuparsi di futuro. Giorgio Squinzi, amministratore unico della Mapei, leader mondiale nelle colle per edilizia, destina alla ricerca il 5% dei ricavi, che hanno superato gli 1,8 miliardi di euro nel 2010. «I tre quarti di queste risorse, cioè poco meno di 100 milioni quest' anno, li dedichiamo allo sviluppo di materiali ecosostenibili, sempre più compatibili con la salute dell' uomo e con la tutela dell' ambiente – dice Squinzi -. È nata così la linea di prodotti Eco, a bassissima emissione di sostanze organiche volatili e privi di solventi, per migliorare il benessere negli edifici dove sono utilizzati. E anche i sistemi per isolamento a cappotto, che consentono di tagliare le emissioni di Co2 per il riscaldamento e raffrescamento di 2,7 tonnellate all' anno per 25 anni di vita media». Anche questa, precisa Squinzi, «è una testimonianza di quanto la chimica possa contribuire al benessere dell' uomo nel mondo moderno». Nella chimica fine, emerge la piccola Endura di Bologna, che proprio negli anni neri della crisi ha accelerato la crescita, arrivando a 24 milioni di euro di fatturato nel 2010. Il fiore all' occhiello di Endura è la produzione del Piperonyl Butossido (Pbo), una molecola sinergica utilizzata per fabbricare insetticidi domestici. Proprio grazie alla ricerca per ottenere questo principio attivo è arrivato il colpo di fortuna: «Ci siamo accorti che in una fase intermedia della lavorazione potevamo ottenere una molecola che poteva avere altri impieghi, come nell' industria profumiera per la produzione di fragranze e in quella dei detergenti», racconta l' amministratore delegato Cosimo Franco. Una scoperta che ha permesso a Endura di moltiplicare le entrate, visto che la nuova molecola si ottiene con la lavorazione del Pbo, per cui sono già attive le linee produttive. Fra le quotate, la grande emergente è Sol: con 225 milioni di fatturato nel 2010 e quasi 600 dipendenti, la multinazionale monzese ha guadagnato in un anno oltre il 30% in Borsa, grazie all' importante sviluppo nel settore dei gas tecnici, soprattutto l' idrogeno, di cui l' impresa guidata da Aldo Fumagalli Romario è il numero sette in Europa.
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