Far crescere le reti per dare fiato al vento. Renderle più intelligenti per consentire il bilanciamento dei flussi elettrici provenienti da fonti per loro stessa natura incostanti, parcellizzate e lontane dai centri di consumo. Questa è la sfida a cui deve rispondere l'Europa, che al 2020 si troverà a gestire un 20% di produzione elettrica da fonti rinnovabili, ma forse anche di più, a giudicare dai tassi di crescita attuali.
Il Mare del Nord, con il fortissimo sviluppo dell'eolico, è al centro di questa sfida. Qui la rivoluzione delle reti intelligenti è già partita, con un accordo fra i nove Paesi che vi si affacciano per costruire la North Sea Offshore Grid, inserita da Bruxelles nelle prime sei priorità europee in materia d'infrastrutture energetiche. La super-rete, che comporterà un investimento stimato in 30 miliardi di euro, dovrà connettere in un unico sistema i campi eolici eolici offshore, che stanno sorgendo come funghi lungo le coste della Germania e del Regno Unito, con gli impianti che sfruttano le maree in Belgio e Danimarca, le centrali idroelettriche norvegesi e la produzione solare continentale, per poi distribuire tutta questa energia ai consumatori. Le prime gare sono in corso: l'Authority britannica ha messo in palio il sistema di trasporto, da oltre 2 miliardi di euro, che collegherà sei impianti eolici offshore alla rete nazionale. Altre commesse sono già state assegnate, tra cui anche una da 250 milioni all'italiana Prysmian, per il collegamento di impianti eolici offshore alla terraferma tedesca. Ma il piano Ue per le infrastrutture di rete prioritarie va ben al di là di questo.
Bruxelles stima che per centrare gli obiettivi comunitari sulle fonti rinnovabili dovranno essere realizzati o ammodernati nel prossimo decennio 50mila chilometri di reti elettriche e dovrà essere realizzata una super-grid ad alto voltaggio in grado di trasportare l'energia attraverso tutto il continente, bilanciando l'eolico del Nord con il solare del Sud. La rete elettrica, oggi, ha una struttura prevalentemente nazionale, con interconnessioni limitate ai confini. In più, è stata costruita su un modello a stella e a senso unico: centrali elettriche a produzione costante e programmabile da cui partono, come bracci, le linee di alta tensione verso i consumatori. Ora, invece, il flusso dell'energia elettrica non è più unidirezionale, dalla centrale all'utente: con i pannelli solari su ogni tetto, è l'utente stesso a fornire energia alla rete. I consumi, a loro volta, si evolvono: mentre ora i picchi della domanda sono concentrati nelle ore diurne della produzione industriale, con la diffusione dell'auto elettrica potrebbero spostarsi verso le ore notturne e con l'avanzare dei cambiamenti climatici il raffrescamento diventerà sempre più necessario, spostando i picchi stagionali dall'inverno all'estate. L'intelligenza delle reti sarà lo strumento principale per gestire questa complessità, con dei sensori nei punti nodali, che consentano il bilanciamento automatico del sistema, migliorando al tempo stesso il monitoraggio dei consumi, con conseguenti risparmi. Le nuove reti, inoltre, dovranno essere costruite su un modello completamente diverso dalle vecchie: dovranno assomigliare a una rete con diversi nodi più che a una stella. E la revisione comporterà costi notevoli.
Per realizzare una smart grid europea, più intelligente, magliata e interattiva di quella attuale, Bruxelles ha stimato un investimento complessivo di 154 miliardi di euro al 2020, in uno studio comunitario curato da Cambridge Econometrics. Gli investimenti serviranno alle reti dedicate all'eolico offshore per 32,8 miliardi di euro, alle interconnessioni fra gli Stati membri dell'Ue per 27,7 miliardi e ai necessari adeguamenti nei centri di produzione a garanzia dell'affidabilità del sistema per 17,9 miliardi. Al 2030, a seconda della crescita delle fonti rinnovabili nel prossimo decennio, l'investimento necessario potrebbe salire rispettivamente a 120,2 miliardi di euro nell'ipotesi di sviluppo minimo e a 253,8 miliardi nell'ipotesi di massima. Quanto al fabbisogno di nuove interconnessioni transfrontaliere, oltre a quelle già programmate, lo studio le quantifica in 4.812 megawatt al 2020 e 8.245 megawatt al 2030.
Per l'Italia, al 2020 si stima un investimento di 1,1 miliardi per le reti eoliche offshore, di 1,5 miliardi per le interconnessioni transfrontaliere e di una cifra analoga al 2030. Nello scenario di massima al 2030 servirebbero invece 3,15 miliardi per gli ulteriori investimenti nella generazione. Ma il vero nodo, secondo Aper, è quello delle autorizzazioni. "Gli investimenti, qui, sono già in programma nel piano di Terna, ma non si riesce a realizzare le linee per le lentezze delle Regioni", spiega Fabrizio Tortora, vicepresidente di Aper. "Ci sono campi eolici, ad esempio in Campania, che funzionano a mezzo servizio perché manca 1 chilometro e mezzo di linea aerea", denuncia Tortora. Terna chiede di realizzarla da 8 mesi, ma non riesce a ottenere l'autorizzazione.