Dopo Fukushima, riscossa del gas naturale liquefatto

Il Giappone piange sulle macerie del terribile disastro, ma Peter Voser, numero uno di Royal Dutch Shell, non ha potuto reprimere un sorriso annunciando l'invio, già in corso, delle prime forniture straordinarie di gas naturale liquefatto verso i terminali di rigassificazione di Tokyo. Il colosso anglo-olandese sarà il primo ad approfittare del rimbalzo del prezzo del gas, che in pochi giorni è schizzato in su del 12%, mentre le quotazioni dell'uranio crollavano del 20%. Ma non sarà certamente l'ultimo. Gazprom e Qatargas si sono messi subito a disposizione e schiere di trader sono già in caccia di navi gasiere in giro per il mondo, il cui carico possa essere dirottato sul Giappone.

Il trend sul mercato delle materie prime rispecchia il panico scatenato dall'incidente nucleare di Fukushima. In particolare, salgono i prezzi sulla piazza del National Balancing Point inglese, uno dei principali punti di negoziazione europei, considerato il mercato di riferimento per il Gnl, un idrocarburo liquido ottenuto raffreddando a -162° il gas naturale appena estratto, per poi poterlo trasportare liberamente via nave. Nel 2010, l'Europa ha ricevuto 76 miliardi i metri cubi di questo gas, di cui 26 a destinazione flessibile. Quest'anno, Deutsche Bank prevede che verranno dirottati dall'Europa al Giappone fra i 5 e i 12 miliardi di metri cubi, mandando in orbita i prezzi europei. Tokyo è il primo importatore mondiale di gas naturale liquefatto – con cui alimenta un terzo del suo imponente sistema elettrico – e ne avrà ancora più bisogno nei prossimi mesi: solo per rimpiazzare la produzione di Fukushima dovrebbe aggiungere quest'anno 12 miliardi di metri cubi di Gnl agli 88 miliardi importati nel 2010, già una cifra da record. Ma la rivoluzione che si sta profilando sul mercato delle materie prime energetiche va al di là del problema giapponese.

La chiusura di 7 centrali in Germania, il ripensamento degli svizzeri sui 2 reattori in progetto, il congelamento delle 23 centrali in costruzione in Cina e degli 11 previsti in Russia non depongono a favore di una grande crescita del nucleare nel prossimo futuro. A tutto vantaggio del gas, oltre che del carbone e delle fonti rinnovabili. "Un evento come questo potrebbe riagganciare al petrolio il prezzo europeo del gas, che si era staccato dalla cavalcata del greggio", ha spiegato Simon Henry, direttore finanziario di Shell, presentando la strategia della major. Nell'ultimo anno, infatti, le quotazioni del gas si erano disaccoppiate dal petrolio grazie a un surplus di offerta, derivato dalle abbondanti estrazioni di gas non convenzionale che hanno inondato di metano a buon prezzo il mercato americano, liberando vasti volumi di Gnl per il resto del mondo. Si era interrotto così un legame storico, con il petrolio in continua turbolenza per le tensioni geopolitiche e il gas al bello stabile. Ma ora il rimbalzo dei prezzi indica una netta inversione di tendenza, alla luce della reazione emotiva che sta bloccando in tutto il mondo i programmi nucleari esistenti.

"Se davvero dovessimo andare verso un mondo senza il nucleare, il gas sarebbe senz'altro la soluzione più efficiente per sostituire quella quota di produzione elettrica", spiega Davide Tabarelli, presidente di Nomisma Energia. In base ai suoi calcoli, studiati per CorrierEconomia, bisognerebbe estrarre globalmente 1000 miliardi di metri cubi di gas in più da qui al 2020 per "tappare il buco" lasciato aperto dal tramonto dell'atomo. Una quantità gigantesca, quasi equivalente alla produzione combinata di Stati Uniti e Russia, le due grandi potenze gasiere del mondo. "Più plausibile sarebbe uno scenario in cui la quota del nucleare venisse coperta al 40% dal gas, al 40% dal carbone e al 20% dalle fonti rinnovabili", commenta Tabarelli. Ma anche così, si tratterebbe di estrarre quasi 300 miliardi di metri cubi di gas e oltre 500 milioni di tonnellate di carbone in più. "Sotto il profilo ambientale, sarebbe un disastro", ammette Tabarelli, ricordando le 300mila vittime annuali attribuite all'inquinamento delle 400 centrali a carbone cinesi. Già la chiusura di 7 reattori tedeschi rischia di causare problemi enormi alla Germania, cui mancherà di colpo quasi un decimo della produzione di energia elettrica. Con cosa sostituirla? "Il gas sarebbe la soluzione meno inquinante, ma più cara. Il rischio è invece che si ricorra all'economica ma pestilenziale lignite", precisa.

E le fonti rinnovabili? Anche per loro il disastro giapponese può rappresentare una bella spinta. Nei giorni immediatamente successivi, mentre tutte le Borse cadevano, i titoli delle compagnie legate al solare o all'eolico hanno preso il volo. Fra i produttori di turbine e aerogeneratori, Nordex è salita del 19 per cento, Broadwind Energy del 24. Nel solare, la tedesca SolarWorld ha guadagnato il 23 per cento, l'americana Sunpower l'11, la Suntech il 10, First Solar l'8, invertendo una serie nera dovuta al taglio dei sussidi statali europei e in particolare italiani. Fra le società nostrane, splende Enel Green Power, che ha in programma investimenti per 6,4 miliardi nelle fonti rinnovabili, da qui al 2015. Ma corrono anche Kerself, KR Energy, Kinexia, Falck e Alerion. A livello globale, l'indice dell'energia pulita, l'S&P Global Clean Energy Index, ha registrato un balzo del 6 per cento. Potrebbere essere la riscossa per un settore sempre troppo dipendente dagli incentivi pubblici.

  • Renzo Riva |

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    Le navi metaniere sono limitate e già accaparrate.
    Gli impianti di liquefazione lavorano già al massimo.
    I rigassificatori lavorano da un minimo del 35% ad un massimo dello 80%.
    Dove stanno i margini per assicurare il gas liquido al Giappone?
    Con quaii navi verrà trasportato dalla Russia?
    Da quali liquefattori?
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    Qualcosa non mi torna se i dati seguenti sono giusti.
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    2009.08.01 – Dati di fatto
    Inviato ai mass-media e mai pubblicato
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    Perché tanti rigassificatori in Italia?
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    Riprendo quanto scritto dal mio presidente ing. Paolo Fornaciari recentemente scomparso e riporto alcune cifre da un suo rapporto.
    Rigassificatori esistenti oggi nel Mondo sono 54 (4 negli Usa e 15 in Europa). Le navi metaniere per il trasporto del GNL (gas naturale liquido) con stazza da 143.000 mc a 253.000 mc oggi in servizio sono 192. In tutta Italia sono state depositate richieste per la realizzazione di altri 12 rigassificatoriper che assieme agli esistenti porterebbe il loro totale a 15.
    Ora da tecnico ed abituato a ragionare con i numeri e non a darli, elenco chi produce elettricità con il gas e la percentuale sul fabbisogno totale prodotto. L’Italia al primo posto con oltre il 50%, gli Usa al pari con gli inglesi con il 20%, la Germania col 10% e fanalino di coda la Francia col 5%.
    Questi dati danno già la misura dell’anomalia italiana che nel 1987, in epoca di prezzi del gas irrisori, spense l’ATOMO a Montalto di Castro e nel resto d’Italia.
    Oggi le centrali a gas a ciclo combinato (CGCC) con la loro resa massima del 65% e di peggio le centrali turbogas (TG) con rendimento massimo del 37% sono la causa del costo proibitivo del kWh che gli utenti utilizzano e pagano (inclusi i balzelli dei costi per l’uscita dal nucleare insieme a quelli originati dalle insensatezze delle energie alternative sponsorizzate dai Verdi che poi sono contrari a tutto: idraulico, biomasse e termovalorizzatori ecc. dove proposto.
    A favore del turbogas però c’è la sua versatilità nel rispondere in termini relativamente brevi, da freddo può andare in servizio nel tempo da una a due ore al massimo, alle richieste di aumento di carico e perciò utili per periodi di picco dei consumi nonostante il loro basso rendimento energetico: il caso del loro utilizzo in Germania e Francia.
    Ma la ciliegina sulla torta dell’insensatezza italiana nel massiccio uso del gas sta nella delibera n. 178/2005 e successive integrazioni dell’autorità dell’energia e gas che assicura, anche in caso di mancato utilizzo dell’impianto, la copertura di una quota pari all’80% di ricavi di riferimento RLC. Tale copertura è riconosciuta dal sistema tariffario del trasporto e ha durata per un periodo di 20 anni.
    Che cosa vuol dire? Che se non c’è metano da rigassificare (come accadrà: vedasi i numeri sopra riportati), il gestore incasserà comunque ed ecco perché tutti vogliono venire in Italia a costruire e/o installare i rigassificatori.
    Ovviamente a fronte dell’utente-cliente della rete gas a cui toccherà la parte di Pantalone cioé di pagatore.
    L’ironia della sorte vuole che l’importazione di energia elettronucleare, per grande parte dalla Francia al prezzo di 7÷8 €cents col suo 15% del nostro totale fabbisogno, compie una calmierazione del prezzo di produzione nostro che altrimenti sarebbe ancora più elevato.
    Sapere poi che la bolletta pagata alla Francia negli ultimi vent’anni ha finanziato, per loro a costo zero, un terzo dei loro 59 reattori del loro parco elettronucleare dà la misura della nostra dabbenaggine, di gente dedita al buonismo e alla “politically correctness”.
    Ultima considerazione che “taglia la testa al toro” è che dal prossimo anno andrà in servizio il gasdotto Nabucco e proprio questa settimana sono stati firmati gli atti ufficiali per la costruzione del gasdotto South Stream portando perciò le canne de gas che arrivano in Italia al numero di sei: caso unico al Mondo e che pertanto rende inutili i rigassificatori per le nostre necessità che richiedono anzi d’affrancarci dalla quasi totale dipendenza del carente mix energetico del Paese.
    Se proprio volessimo poi perché non considerare “tout-court” l’importazione diretta dell’energia elettrica da chi in Europa o sulle sponde del mediterraneo è in grado di fornircela economica ed abbondante come invece noi non siamo capaci d’assicurare al sistema delle imprese e delle famiglie?
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    Renzo Riva
    C.I.R.N. F-VG (Comitato Italiano Rilancio Nucleare)
    Buja – Ud
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    P.S.= Le ho inviato materiale tramite il Canada.

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