«La liberalizzazione non è come abbattere un muro o spalancare una porta, consentendo a chiunque di oltrepassare la soglia e andare dove meglio crede. E' come salire uno scalino, il primo di una lunga scalinata». La definizione di Arturo Lorenzoni, direttore della ricerca dell' Istituto di economia e politica dell' energia e dell' ambiente della Bocconi, è suggestiva ma deprimente. In sostanza, dice Lorenzoni, con il decreto Bersani del ' 99 ci siamo imbarcati in un viaggio che prima o poi ci farà approdare a un mercato elettrico veramente liberalizzato, senza lacci e lacciuoli che limitino la competizione fra fornitori; ma per adesso non dobbiamo aspettarci grandi cose, perché il viaggio è irto di ostacoli. Primo ostacolo: la scarsità della materia prima. Secondo Antonio Urbano, capo di Dynameeting, una delle maggiori aziende italiane fornitrici di energia sul mercato libero, il problema fondamentale è proprio quello della produzione. L' energia a disposizione dei fornitori è talmente scarsa e costosa che finiscono per lavorare a vuoto. Spiega Urbano: «Come tutti i mercati, anche quello dell' energia è organizzato in filiera. C' è chi produce, chi trasporta e chi vende. Ora l' attività di produzione presenta margini altissimi, basta andare a guardare quel che dicono gli analisti finanziari su Enel. Ma il margine dell' attività di vendita non è contendibile: lo intasca chi distribuisce. Anche se si tratta di due attività completamente diverse». E non è un problema da poco, in un Paese che sostiene di puntare sulla competizione tra fornitori per abbassare i prezzi dell' energia più alti d' Europa. «Ecco perché – aggiunge Urbano – è molto difficile convincere gli imprenditori stranieri a investire nel nostro mercato libero. Varrà anche tre miliardi di euro, ma per ora è impantanato. E prima di metterci soldi, gli stranieri vogliono vederci chiaro e capire se facciamo sul serio». Stando così le cose, il mercato elettrico è chiaramente dominato dall' offerta. «Il primo punto da chiarire – commenta Lorenzoni – resta sempre lo stesso: vogliamo davvero promuovere la concorrenza? Da certi discorsi sull' Enel campione nazionale, viene il sospetto di no. Ma allora sarebbe meglio dirlo chiaramente: restare a metà del guado è la cosa peggiore». Non a caso l' incertezza avvantaggia sempre l' incumbent. «L' unica speranza è che prima o poi anche la domanda si faccia sentire», puntualizza Urbano. «I consumatori, compresa Confindustria e Confcommercio, devono essere più esigenti», concorda Lorenzoni. Un primo segnale è l' appello a un' effettiva liberalizzazione lanciato dalle piccole e medie imprese: «E' necessario – dice Roberto Radice, presidente di Confapi – aumentare le interconnessioni e il parco impianti nazionale; semplificare le procedure che regolamentano la costruzione delle linee elettriche, in modo che il trasporto di energia avvenga senza congestioni; rendere finalmente operativa la Borsa elettrica che dovrebbe favorire la competizione, creare efficienza e ridurre i prezzi». Confapi chiede anche un attento monitoraggio da parte dell' Authority sui comportamenti distorsivi da parte dei soggetti dominanti come l' Enel. «Ma non si può – aggiunge Lorenzoni – lasciare da sola l' autorità per l' energia: bisogna chiedere più trasparenza nella produzione e una più equa suddivisione dei margini. Anche sulla Borsa elettrica, il lavoro da fare è enorme: quali saranno i contratti, le regole? L' avvio in modalità provvisoria, previsto per luglio, non serve a nulla: aumenterà soltanto l' opacità a favore dei produttori». Non c' è dunque da stupirsi che solo l' 1% dei nuovi clienti liberi, non più di 1.500 imprese, abbia cambiato fornitore all' inizio di questo mese, quando la soglia d' ingresso è stata abbassata a 100mila chilowattora l' anno. Solo l' ampliarsi della base d' utenza aiuterà la maturazione del mercato. «Solo quando le pressioni della domanda cresceranno si smuoverà qualcosa», spera Urbano. «Ma attenzione – precisa Lorenzoni – il passaggio a un regime di concorrenza porta a oscillazioni: gli italiani dovranno rassegnarsi ad accettarle. Non si possono avere i vantaggi del mercato libero e il prezzo fissato dalle autorità, come oggi. Quando gli inglesi sono passati al mercato libero i prezzi sono saliti, ma dopo un po' sono entrati in scena nuovi investimenti che li hanno abbattuti». E oggi a Londra l' energia costa la metà che a Roma.
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