C’è vita anche fuori dalla rete (elettrica)

Chi non ci ha mai fatto un pensierino? Staccarsi dalla rete e produrre da soli tutta l’energia che ci serve, con fonti pulite e locali, per contribuire alla lotta contro l’effetto serra, ma anche per garantirsi da futuri aumenti delle bollette. Tecnicamente, grazie allo sviluppo del fotovoltaico abbinato alle batterie, l’opzione è praticabile e sta diventando sempre più abbordabile. Tanto che un’abitazione off-grid non è più solo prerogativa degli autarchici in case isolate, ma comincia a trovare adepti anche in città.

La svolta è arrivata con lo sviluppo delle tecnologie di accumulo dell’elettricità, che consentono di avere energia anche quando il sole non splende: negli ultimi quindici anni la capacità di accumulo per ogni 100 dollari spesi è aumentata di dieci volte, in parallelo con la rapida discesa dei costi di produzione del fotovoltaico. Da qui, la nascita delle batterie domestiche abbinate ai pannelli sul tetto, a portata delle tasche dei privati. Le reti, d’altra parte, diventano sempre più inaffidabili, esposte come sono ai grandi eventi atmosferici, soprattutto negli Stati Uniti, dove milioni di persone restano regolarmente al buio e al freddo durante le tempeste più brutali. Torna dunque d’attualità l’idea della produzione domestica di energia con fonti naturali, come si faceva prima della nascita delle mega-centrali e delle grandi reti, ad esempio con il mini-idroelettrico nelle piccole manifatture tessili in Piemonte e Lombardia. Gestiti da sistemi intelligenti, i consumi energetici degli edifici, oggi responsabili del 20% delle emissioni globali, potrebbero essere così ridotti a zero.

Si basa proprio su questo concetto il boom del fotovoltaico negli Stati Uniti, che nel giro di soli cinque anni ha quasi eguagliato quello tedesco, con 28 gigawatt installati (equivalenti alla potenza di 28 centrali nucleari) rispetto ai 39 gigawatt della Germania. Quest’anno, secondo le previsioni Ihs, gli Usa installeranno altri 15 gigawatt fotovoltaici, superando la Germania, oggi ancora leader mondiale del solare (ma insidiata dalla Cina). Contrariamente al solare cinese, che cresce soprattutto a colpi di gigantesche distese di pannelli installati a terra, negli Usa e in Germania sono i tetti fotovoltaici a trainare il mercato. E dovunque prevalga la generazione distribuita, c’è spazio per la diffusione delle batterie, nell’ottica dell’autosufficienza energetica di singole abitazioni o piccole comunità. In prospettiva, gli esperti prevedono un rapido sviluppo di questo modello energetico distribuito, che insieme allo smart building e all’auto elettrica, potrebbe cambiare radicalmente il nostri consumi energetici.

SolarCity, la società fondata da Elon Musk (patron di Tesla) che ha installato quasi un terzo dei tetti fotovoltaici americani, offre da qualche mese, con notevole successo di vendite, un pacchetto chiavi in mano di pannelli sul tetto più Powerwall Tesla agli ioni di litio in cantina, per staccarsi dalla rete. In Giappone le vendite delle batterie domestiche Panasonic si sono impennate, insieme alle installazioni di tetti fotovoltaici, dopo il disastro di Fukushima. In Germania le batterie Sonnen, pioniere del mercato già da cinque anni, hanno portato all’indipendenza energetica migliaia di tedeschi e ora il fondatore Christoph Ostermann va alla guerra contro Musk sul suo stesso terreno. Nel frattempo anche Mercedes è scesa in campo con la sua offerta di accumuli residenziali. L’architettura, a sua volta, ha recepito da tempo l’aspirazione crescente all’indipendenza energetica e i modelli prefabbricati di case completamente autosufficienti si moltiplicano sul mercato. L’immobiliare cavalca l’onda e le residenze più lussuose offerte su AirBnb sono ormai off-grid, dallo chalet esclusivo sperduto sulle Alpi al super-bungalow sulla spiaggia di Los Roques. Ma l’indipendenza energetica non è più legata all’isolamento geografico. Anzi, si può avere anche in piena città.

La storia dell’autosufficienza energetica in un contesto urbano nasce in Germania. Grazie al boom del fotovoltaico, già nei primi anni Duemila si sviluppa a Friburgo la prima Solarsiedlung, un insediamento costruito sui principi dell’architettura passiva al posto di ex caserme dismesse, che produce quattro volte l’energia di cui ha bisogno. Il quartiere, fondato dall’architetto Rolf Disch, oggi è abitato da quasi seimila persone con standard molto alti di sostenibilità (non circolano auto) e rappresenta un modello di riferimento per tutte le comunità che aspirano all’indipendenza energetica. Ma non è l’unico in Germania. Per un insediamento di questo genere non bastano i pannelli sul tetto e la batteria in cantina, ci vuole un’architettura molto attenta a minimizzare i consumi degli edifici, oltre alla disponibilità di altre fonti, dal geotermico alle biomasse, per coprire le necessità di calore e il fabbisogno degli esercizi commerciali. Il tutto è poi connesso a una microgrid, capace di compensare domanda e offerta interna. Le comunità energetiche, in base a uno studio dell’Energy & Strategy Group del Politecnico di Milano, rappresentano in prospettiva uno dei principali elementi costitutivi della nuova architettura del sistema energetico.

Da Friburgo ha preso esempio Brooklyn, che sta realizzando una comunità energetica indipendente nell’area di Park Slope. Il progetto è sostenuto dal governatore Andrew Cuomo, deciso a costituire una serie di comunità energetiche indipendenti, dopo il disastro dell’uragano Sandy, e ha puntato 40 milioni di dollari sulle microgrid. Piccole reti crescono.