L’acqua potabile del futuro ci verrà dal mare

Soia alle stelle, grano a prezzi
record. Per non parlare delle altre materie prime alimentari, dallo
zucchero al cacao. Stati Uniti e Russia sono in preda alla peggiore
siccità degli ultimi cinquant'anni, dopo quella del 2008. E ne vedremo di simili sempre più spesso. 

Where water comes fromL'acqua è una risorsa
limitata che comincia a scarseggiare. La correlazione fra cibo e
acqua è molto stretta, visto che il 70% dell'acqua consumata sulla
terra va in agricoltura. Non c'è l'uno senza l'altra. E l'acqua
manca ormai non solo in Africa o in Asia, ma anche qui, nel Vecchio
Continente. Le stime dell'Agenzia europea dell'ambiente dicono che
l'11% della popolazione e il 17% del territorio europeo sono affetti
da carenza idrica, con un costo che nell'ultimo trentennio ha
superato i cento miliardi di euro. Non a caso, quest'anno la Green
Week della Commissione Europea è stata dedicata all'acqua e il
commissario all'Ambiente Janez Potočnik ha detto che c'è da
attendersi un ulteriore deterioramento della situazione, con
l'acuirsi del riscaldamento del pianeta e l'aumento della popolazione
mondiale. La Banca Mondiale stima che la quota globale di esseri
umani a corto di acqua sarà del 45% (4 miliardi) nel 2050, contro
l'8% (500 milioni) nel 2000. La carenza non è uguale dappertutto: 9
Paesi controllano il 60% della disponibilità globale e tra questi
solo Brasile, Canada, Colombia, Congo, Indonesia e Russia ne hanno in
abbondanza. Cina e India, con oltre un terzo della popolazione
mondiale, devono accontentarsi del 10% dell'acqua e stanno esaurendo
le riserve del sottosuolo. Lo stesso accade in molte grandi città:
l'acqua di Città del Messico viene al 70% da una falda che sarà
esaurita nel giro di un secolo al ritmo di estrazione attuale, tanto
che la città sprofonda. Un problema analogo si pone a Barcellona,
dove lo svuotamento della falda d'acqua dolce sta causando il
progressivo avanzamento dell'acqua salmastra nel sottosuolo. Il 97%
dell'acqua presente sulla terra, infatti, è salata e quindi
inservibile.

Fra i vari tentativi di risolvere le
carenze idriche dell'umanità, quello di rendere potabile l'acqua di
mare è uno dei più persistenti. E grazie ai recenti progressi
tecnologici, è destinato a crescere in maniera esponenziale. In base
a uno studio di Global Water Intelligence, gli investimenti negli
impianti di dissalazione cresceranno dai 5 miliardi di dollari nel
2011 a 8,9 miliardi quest'anno e sono destinati a lievitare a 17
miliardi già nel 2016. Il fattore cruciale alla base di questa
crescita è lo sviluppo di tecnologie che consumano meno energia,
come un processo chiamato "forward osmosis", che utilizza
meno calore ed energia rispetto agli attuali impianti a osmosi
inversa, e che potrebbe ridurre di ben il 30% il costo della
dissalazione. La Cina attualmente ha in esercizio 30 dissalatori e
altri 6 in costruzione, l'India ne ha realizzati 8 e ne sta
costruendo altri tre. Per questo, le azioni delle grandi imprese del
settore, come la francese Veolia Environnement, la israeliana Ide
Technologies e la singaporiana Hyflu, sono vicine ai loro massimi dal
2007, in controtendenza rispetto al resto del mercato.

La moderna industria della dissalazione
risale agli anni '90, quando l'osmosi inversa, utilizzando una
membrana porosa per filtrare il sale, ha ridotto l'energia necessaria
per far funzionare i vecchi impianti a distillazione, che ancora oggi
producono l'85% dell'acqua dissalata del mondo. Gli impianti a osmosi
inversa hanno dimezzato i costi della dissalazione, producendo acqua
a circa un dollaro per metro cubo. Un bel progresso, ma è ancora
dieci volte il costo delle risorse idriche tradizionali, soprattutto
per il consumo di energia elettrica e calore. Con le nuove tecniche,
i costi verranno ulteriormente abbassati. Ma non ci si ferma qui: ora
si parla di filtri ai nanotubi di carbonio. E uno studio di Elsevier,
insieme allo Stockholm International Water Institute, fa ben sperare:
gli investimenti in ricerca sull'acqua stanno crescendo del 9%
l'anno, un ritmo ben superiore alla media del 4% riferita agli altri
campi di ricerca. Resta il fatto che la prima
soluzione alle carenze idriche è l'utilizzo efficiente di questa
risorsa, che al contrario del petrolio può essere agevolmente
riciclata.