Il mondo di domani andrà a gas e
petrolio Made in Usa? A giudicare dalle scelte d'investimento cinesi,
loro ci credono. La più grande società petrolifera del dragone,
China National Petroleum Corporation, vuole investire 40 miliardi di
dollari cash per rilevare una quota nel settore dell’esplorazione di idrocarburi non convenzionali su suolo americano.
Jiang Jiemin, il presidente della compagnia di Stato, ha annunciato
la decisione all'ultimo congresso del partito a Pechino. Ma le
compagnie rivali sono già passate all'azione. Il mese scorso la
China Petrochemical Corporation si è accordata per acquistare con
1,02 miliardi di dollari dalla Chesapeake Energy quote in un
giacimento in Oklahoma. E la Cnooc, cugina della Cnpc, ha appena
ottenuto il via libera all’acquisto della società esplorativa
Nexen, per 15,1 miliardi di dollari. La Cina, dunque, non investe
solo nelle fonti rinnovabili, dove pure l'anno scorso è passata in
pole position mondiale con 67,7 miliardi d'investimenti.
Nella nuova corsa all'oro nero yankee,
del resto, i cinesi non sono da soli: quasi il 20 per cento dei 134
miliardi di dollari investiti dal 2008 al 2012 nei giacimenti non
convenzionali americani è venuto dall'estero. I più entusiasti sono
i giapponesi, con 5,3 miliardi, poi i francesi con 4,5 miliardi e gli
inglesi con 3,9 miliardi d'investimenti. Ora un successo cinese
potrebbe ribaltare la graduatoria e cancellare la fallita
acquisizione del 2005, quando 19 miliardi della Cnooc non bastarono a
conquistare la statunitense Unocal, considerata strategica dalle
autorità di Washington. Probabilmente però resterà forte la
diffidenza americana nei confronti di ogni affare che comporti il
100% della proprietà cinese o il controllo di siti prossimi a
installazioni militari. Ma a Pechino potrebbe bastare un inserimento
che permetta di migliorare le conoscenze nello sfruttamento di gas e
petrolio non convenzionali, di cui è ricco il territorio cinese, che
nasconde il doppio delle riserve americane, secondo i dati del
governo Usa.
L'obiettivo ultimo degli investimenti
cinesi negli idrocarburi americani, infatti, è di aumentare
significativamente la quote di metano prodotte in Cina, per ridurre
le crescenti importazioni di gas (costate 17 miliardi l'anno scorso
al governo di Pechino) e sostituire gradualmente nelle centrali
elettriche cinesi il carbone con il gas, molto meno inquinante. Le
prospettive del piano quinquennale cinese parlano di un aumento annuo
dei consumi di gas naturale pari a 20 miliardi di metri cubi, fino a
raggiungere 230 miliardi nel 2015. Il metano per quella data
raggiungerà 250 milioni di residenti nelle città, cioè il 18%
della popolazione. "I cinesi non puntano allo sviluppo dei
giacimenti non convenzionali americani solo per profitto, ma
soprattutto per imparare la tecnica", spiega Aloulou Fawzi,
analista dell'Energy Information Administration. "Vogliono
trovare dei partner disposti ad insegnergli la tecnica e ad aiutarli
a sviluppare le loro risorse domestiche".
Il primo, intanto, l'hanno già
trovato. Royal Dutch Shell investirà un miliardo di dollari nel gas
non convenzionale del Sichuan. Peter Voser, numero uno di Shell, ha
annunciato di aver ottenuto l’ok di Pechino per un contratto che
avrà come partner la China National Petroleum Corporation, con un
rapporto di production sharing, cioè la suddivisione concertata dei
quantitativi prodotti. Questa è la prima esperienza sul territorio
cinese nelle tecniche di fratturazione orizzontale delle rocce, con
acqua compressa e prodotti chimici, che ha già provocato forti
resistenze negli Usa ed è stata messa fuori legge in diversi Paesi
europei. Shell e Cnpc hanno fatto 24 perforazioni negli ultimi mesi
del 2012 e ne faranno altre 14 quest’anno. Lo sbarco di Shell
potrebbe smuovere le acque in un mercato che per ora è fermo: alle
ultime aste per le licenze di sfruttamento di gas da scisti hanno
vinto solo compagnie sconosciute e governi locali, privi di qualsiasi
esperienza nel settore.
Per ora i cinesi non hanno ancora
prodotto neanche un metro cubo di gas commerciale dai loro giacimenti
non convenzionali, ma si sono posti un target ambizioso, a 80
miliardi di metri cubi entro il 2020. Le previsioni degli esperti
parlano piuttosto di 18 miliardi di metri cubi al 2020 e sono più
pessimisti dell'anno scorso, quando le stime parlavano di 23 miliardi
al 2020. Il target cinese non è realistico per la mancanza
d'esperienza delle compagnie locali, ma anche per il prezzo politico
del gas in Cina, eccessivamente basso per stimolare gli investimenti
privati. L'unico modo per far partire lo sfruttamento dei giacimenti
non convenzionali è iniettare fondi pubblici nell'industria
dell'esplorazione. E' quello che Pechino sta facendo.