Fabbriche 4.0: la nuova rivoluzione industriale

Industria 4.0. Le fabbriche del futuro sforneranno prodotti senza
scarti e senza sprechi di energia. Riusciranno a trasformarsi, a
comunicare le anomalie e a imparare dai propri errori. Gestiranno
materiali nuovi e complessi senza sovraccosti. Sposeranno i grandi
numeri con la massima accuratezza, senza intervento umano, diventando
sempre più autonome e adattabili per ottimizzare la produzione. Sogni?
No, scelte obbligate. «Solo così il manifatturiero europeo riuscirà a
competere con l'assalto dei prodotti asiatici a buon mercato», spiega
Giambattista Gruosso, docente al Politecnico di Milano (insegna teoria
dei circuiti) e membro del comitato scientifico di Sps Ipc, la fiera
dell'automazione di scena a Parma dal 21 al 23 maggio.

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Il manifatturiero è ancora la forza propulsiva dell'economia europea,
con 6.500 miliardi di euro di fatturato e 30 milioni di posti di lavoro
in 25 settori diversi. Ma in questi anni di crisi i livelli produttivi
sono calati del 10% e sono andati persi 3 milioni di posti di lavoro.
Per ripartire, il manifatturiero europeo deve ridurre drasticamente i
costi dei suoi prodotti, se vuole far fronte alla pressione competitiva
dei Paesi emergenti, dove la manodopera costa molto poco. È qui che
entra in campo l'efficienza dei processi produttivi. Per aiutare le
piccole e medie imprese a migliorare le basi tecnologiche degli
impianti, la Commissione europea ha lanciato una serie di bandi di
ricerca da 1,2 miliardi di euro complessivi, Factories of the Future,
all'interno del settimo programma quadro. Da questo e altri sforzi
analoghi, come il consorzio tedesco di ricerca SmartFactory
(www.smartfactory-kl.de), si svilupperà l'industria 4.0.

La quarta rivoluzione industriale, dopo quelle storiche della
macchina a vapore, del motore elettrico e del nastro trasportatore, con
l'avvento dell'elettronica sta trasformando integralmente il corpo della
fabbrica. «Macchine che comunicano e interagiscono fra di loro, stampa
in 3D, cloud computing, fabbriche virtuali, internet of things non sono
pallide utopie, ma realtà da implementare rapidamente, se vogliamo
sopravvivere alla concorrenza cinese», rileva Gruosso. «Per tutte queste
ragioni, considerare l'Ict in maniera pervasiva nei processi produttivi
è una leva importante di ripresa per un Paese manifatturiero come
l'Italia», aggiunge Gruosso, che tuttavia avverte: «Non c'è ancora
grande consapevolezza di queste opportunità, mentre sto vedendo maggiore
fermento su temi come quello della smart city».

Starà ai grandi player internazionali dell'automazione, come Siemens,
Abb, Schneider Electric, Rockwell Automation, Omron o Heidenhain,
aumentare la consapevolezza delle imprese e vincere la loro fiducia con
proposte sempre più allettanti. «Nel futuro dell'automazione vedo sempre
più software e meno hardware», commenta Andrea Maffioli, capo della
divisione Industry Automation di Siemens Italia. «Non tanto a livello di
controllo dei processi industriali, quanto a monte, nella fase di
progettazione e analisi dei prodotti, sarà essenziale lo sviluppo di
software sempre più intelligenti», precisa Maffioli. La capacità di
simulare le caratteristiche dei prodotti e di testarle, prima ancora che
gli oggetti stessi esistano, potrà accorciare enormemente i tempi di
progettazione e diventare un elemento essenziale di competitività
nell'eterna gara fra le aziende per arrivare prime sul mercato con un
prodotto nuovo. Siemens punta a occupare una posizione di leader in
questo campo e sta facendo una serie di acquisizioni di piccole imprese
di eccellenza. «In un mondo come il nostro, dove non è più il pezzo di
ferro che costa, ma il tempo degli ingegneri, sarà essenziale arrivare
alla fabbrica digitale, dove un'auto o un cellulare possano già essere
completamente immaginati e testati prima ancora di essere prodotti,
saltando intere fasi di progettazione», fa notare Maffioli. In Italia,
Siemens sta crescendo molto nei software per la gestione dei processi
produttivi, i Manufacturing execution systems pensati dal suo centro di
competenza mondiale di Genova, che sta per trasferirsi, con 780 addetti,
nella nuova sede sulle alture della città, nel parco tecnologico e
scientifico degli Erzelli.

Sul fronte dell'hardware, invece, Abb punta molto sull'efficienza
energetica. «Con l'aumentare dei costi delle materie prime, il risparmio
energetico sta diventando un fattore centrale per la competitività
delle imprese», spiega Giuseppe Cazzulani di Abb. «L'automazione
robotizzata e l'ottimizzazione delle prestazioni energetiche dei propri
impianti produttivi rappresentano l'unica riposta possibile alla
delocalizzazione», rileva Cazzulani. Il nuovo motore sincrono a
riluttanza, che Abb propone insieme a un inverter per ottenere il
massimo risparmio energetico, ha già vinto il prestigioso Automation
award all'ultima fiera Sps Ipc di Norimberga, casa madre
dell'esposizione di Parma. «Il design innovativo del rotore non solo
migliora l'efficienza, consentendo di utilizzare un motore più piccolo a
parità di prestazioni, ma assicura che il motore non si surriscaldi,
aumentandone l'affidabilità», precisa Cazzulani. Abb è il primo
produttore in questo campo a fornire curve di efficienza verificate per
l'intero pacchetto motore-convertitore e per l'intera gamma di velocità.
In questo modo gli utenti sono in grado di calcolare accuratamente i
consumi energetici dei propri sistemi, mentre fino a poco tempo fa
questo era impossibile perché i dati di efficienza erano disponibili
solo per i motori e solo per un numero limitato di punti di carico.
L'obiettivo, chiaramente, è ridurre i consumi energetici e ottimizzare i
costi di gestione.

Ma per ridurre i costi di gestione diventa centrale anche ragionare sui
processi interni, per costruire un sistema che tenda al miglioramento
continuo e alla eliminazione delle perdite di efficienza. «Per aumentare
l'efficienza sono essenziali i software di dialogo da macchina a
macchina, che raccolgono e analizzano gli indicatori chiave di
prestazione, facilitando tutte le decisioni», spiega Francesco Nanni di
Rockwell Automation. La casa americana cerca di sfruttare tutte le
tecnologie disponibili per richiedere il minimo intervento umano
nell'identificazione dei colli di bottiglia della produzione. «Non si
tratta solo di mettere in comunicazione le macchine fra di loro, ma
anche con database esterni, da dove estrarre le informazioni per capire
quello che sta succedendo prima di arrivare al guasto e al fermo
macchina», rileva Nanni. Sul fronte dell'analisi dei dati lavora anche
Panasonic. La casa giapponese punta a integrare il più possibile le
varie componenti per ottenere la massima connettività, non solo
operativa ma diagnostica. «Il networking fra motore, controllore e i
vari sensori dev'essere perfetto, come l'integrazione nel corpo umano
fra cervello, braccio e occhio», spiega Michele Frare di Panasonic.
Altrimenti subentra la malattia e tutto si ferma.