La carica dei 111, i Paesi che hanno già ratificato l’Accordo di Parigi sul clima, non si ferma. Alla Cop22 di Marrakech, malgrado l’ombra nera come il carbone del presidente eletto Donald Trump, che si allunga minacciosa sulla conferenza conclusa venerdì, resta salda la convinzione che la decarbonizzazione dell’economia globale sia un processo inarrestabile. Lo dimostra il nuovo rapporto dell’International Energy Agency, particolarmente atteso dai delegati, perché era già stata annunciata una forte revisione al rialzo sulle prospettiva di crescita delle fonti rinnovabili, tradizionalmente sottostimate dall’Agenzia dell’Ocse. L’annuncio è importante, perché il World Energy Outlook di novembre vale come analisi imparziale nei 29 Paesi aderenti all’organizzazione di Parigi e viene utilizzato da molti previsori come punto di partenza per le tendenze del settore.
In base alle nuove stime, la Iea ritiene che la potenza globale rinnovabile aggiunta dal 2015 al 2021 sarà pari a 825 gigawatt, +13% in confronto alle indicazioni date lo scorso anno, quindi il 60% della nuova capacità di generazione elettrica sarà verde. Nel 2040, secondo le nuove previsioni, il 60% della produzione elettrica globale verrà dalle rinnovabili, di cui la metà dall’eolico e dal solare. Come ha spiegato il numero uno dell’agenzia, Fatih Birol, nei prossimi 25 anni l’eolico, il solare e il gas naturale rimpiazzeranno il “campione” del passato, cioè il carbone, non per merito di sussidi pubblici, ma grazie alla crescente competitività delle fonti verdi. I costi medi del fotovoltaico, infatti, scenderanno del 40-70% e quelli dell’eolico a terra del 10-25%. Alla fine dei conti, nel 2040 il settore elettrico emetterà in media 80 grammi di CO2 a kilowattora, contro i 515 grammi a kilowattora di oggi. La tendenza a investire sempre di più in risorse a basso contenuto di carbonio non dipenderà quindi tanto dalle politiche dei governi, quanto dalla intrinseca convenienza delle fonti pulite.
Il nuovo rapporto fotografa una transizione energetica mondiale di portata storica, ma non è affatto chiaro se la forte riduzione delle emissioni di CO2 dell’industria elettrica basterà a limitare il surriscaldamento terrestre entro i due gradi centigradi, come indicato nell’Accordo di Parigi. La Iea sostiene infatti che le misure salva-clima definite a Parigi serviranno a rallentare l’incremento delle emissioni, ma non a bloccare l’aumento delle temperature sulla soglia critica. Le emissioni di gas serra sono vicine alla crescita zero, ma sono ancora lontane da una curva discendente, anche perché la risorsa nascosta dell’efficienza energetica finora è stata troppo sottovalutata. Gli aspetti più problematici dello scenario energetico, secondo la Iea, sono da ascrivere soprattutto al ritardo delle fonti rinnovabili nel riscaldamento e nei trasporti, due settori che dovranno puntare a una maggiore elettrificazione e decarbonizzazione, per non rischiare di vanificare una parte dei successi ottenuti sul versante del mix produttivo. Dall’altro lato diventa sempre più urgente la trasformazione delle reti elettriche, per rendere più facile l’integrazione delle fonti rinnovabili, anche grazie ai sistemi di accumulo.
Le nuove previsioni della Iea sono in linea con i calcoli del Carbon Budget 2016, elaborato dagli scienziati del Global Carbon Project, l’organizzazione fondata nel 2001 per approfondire il ciclo del carbonio e le sue implicazioni sul surriscaldamento terrestre. In base alle ultime stime, il 2016 si chiuderà confermando la tendenza al disaccoppiamento della crescita economica globale (+3% circa) dalle emissioni di gas serra, già osservata nel 2014-2015. Buona parte di questo risultato è attribuibile alla riduzione delle emissioni in Cina e Stati Uniti (cha coprono il 45% circa delle emissioni globali), grazie soprattutto al minore utilizzo di carbone. In Cina il rilascio di anidride carbonica è calato dello 0,7% nel 2015 e dovrebbe scendere ancora leggermente (-0,5%) entro la fine dell’anno. Calano anche le missioni americane: -2,6% nel 2015 e -1,7% nel 2016. Al contrario sta crescendo il peso fossile dell’India: +5,2% nel 2015 con una tendenza all’incremento.
L’anidride carbonica rilasciata complessivamente nell’atmosfera nel 2016 dall’utilizzo dei combustibili fossili si attesterà a poco più di 36 miliardi di tonnellate, in linea con il livello registrato nel 2015 e nel 2014. Siamo quindi arrivati a un plateau. La prima domanda che tutti i climatologi si pongono, allora, è se le emissioni di CO2 abbiano raggiunto il picco e siano destinate a diminuire. Gli scienziati del Global Carbon Project però invitano alla prudenza: è presto per trarre conclusioni, perché non è ancora chiaro l’impatto che può avere avuto la crisi finanziaria mondiale degli anni Duemila sulla tendenza al ribasso delle emissioni. La seconda domanda è se riusciremo a limitare il surriscaldamento terrestre entro i 2 gradi centigradi. In base alle stime più recenti, abbiamo ancora a disposizione un carbon budget di 800 miliardi di tonnellate da emettere nell’atmosfera, prima di arrivare a quella soglia. Al ritmo attuale di circa 36 miliardi di tonnellate ogni dodici mesi, dunque, il nostro salvadanaio ambientale sarà esaurito in una ventina d’anni. Da qui l’indicazione di molti scienziati, che considerano essenziali le tecnologie a emissioni negative, capaci di assorbire più gas serra di quelli che emettiamo. Attorno alla metà del secolo, diventeranno centrali per non superare il punto di non ritorno.