Dall’idea alla startup: la banca dà credito al valore che si rigenera

È andato a visitarli anche Ban Ki-moon, di passaggio a Torino per un seminario dei dirigenti Onu. Gli uomini e le donne dell’innovazione di Intesa Sanpaolo lo hanno accolto al 31esimo piano della sede torinese, nel loro laboratorio della banca del futuro. Dove l’istituto di credito disegna le strategie per cavalcare l’onda dell’economia circolare.
«Nei prossimi dieci anni sono prevedibili oltre 500 miliardi d’investimenti in Europa sui sistemi circolari in uno scenario costante e oltre 300 miliardi in più se riusciremo a spingere a fondo nella strategia varata dalla Commissione per rafforzare la competitività delle imprese», spiega Maurizio Montagnese, Cio di Intesa Sanpaolo, in margine alla StartUp Initiative sull’economia circolare organizzata nella sede di Londra. Incentrato su 4 hub a Londra, New York, Hong Kong e Dubai, con una forte presenza in Israele, l’Innovation Center del gruppo ha organizzato dal 2009 ad oggi 94 iniziative per presentare agli investitori start up innovative, con oltre 50 casi di successo di matchmaking. «L’obiettivo è creare un ecosistema dinamico, in cui i nostri clienti interagiscano con startup, università, istituzioni e fondi specializzati per supportare le migliori pratiche e magari adottarle», precisa Montagnese.
Nel caso dell’economia circolare, Intesa Sanpaolo è stato il primo (e unico) gruppo bancario al mondo a diventare partner della Fondazione Ellen MacArthur, riferimento globale per la promozione dei sistemi circolari. Da questa collaborazione si è sviluppata l’iniziativa di Londra per le startup e ne seguiranno altre. «In una logica sistemica, una banca sostenibile aiuta i clienti a diventare sostenibili», spiega Massimiliano Tellini, capo del progetto Circular Economy del gruppo. «La banca ha anche questo ruolo: trasferire l’esperienza delle grandi multinazionali, avviate su un percorso di economia circolare, alle Pmi, che fanno più fatica a innovare», fa notare Tellini. Ridisegnare i cicli produttivi per disaccoppiare l’utilizzo delle risorse finite dalla crescita non è facile, ma ormai il rischio di non innovare sta diventando superiore alle incognite dell’innovazione e restare fermi significa perdere competitività.
In questo snodo, il peso di una finanziamento ad hoc può spostare il piatto della bilancia verso una svolta. Intesa sta studiando come promuovere un cambiamento di prospettiva con prodotti finanziari specifici. «La domanda è: come finanziare un sistema circolare? Non è un prodotto ma un processo, una piattaforma innovativa», si chiede Tellini. Cambia completamente il profilo di rischio di un’impresa, ma non è un asset tangibile. Innalza i rendimenti, ma non si può prendere in mano e testare. Spesso, però, si può abitare. Tellini fa l’esempio del complesso di uffici Park2020 vicino ad Amsterdam, il primo nel suo genere che abbia completamente abbracciato la filosofia Cradle to Cradle, con il patrocinio dell’architetto William McDonough. «Con un rendimento del 18-20% superiore alla media di mercato, il Park2020 è stato un ottimo affare per chi ci ha investito», ragiona Tellini. Non è un caso che questo progetto sia nato in Olanda, un Paese che punta a un’economia al 100% circolare entro il 2050, con la prospettiva di aumentare di oltre 7 miliardi di euro il Pil nazionale.
Per l’Italia, la riconversione è meno immediata. Fra le start up che si sono presentate a Londra davanti a una cinquantina di investitori interessati all’economia circolare, l’unica italiana è Personal Factory, una start up nata a Simbarìo, un paesino della Calabria, che punta a rivoluzionare il settore dell’edilizia. L’intuizione di Francesco Tassone, ingegnere 35enne e figlio di un imprenditore nei materiali per l’edilizia, è che con gli strumenti giusti tutti possono diventare produttori di malta a chilometro zero, evitando i costi ambientali ed economici del trasporto, in un settore dove la logistica tradizionale sta esplodendo. Insieme al fratello Luigi, Francesco ha ideato una miscelatrice tascabile, Origami, che non occupa più di 6 metri quadri per 4 di altezza e usa un sistema digitalizzato per ottenere le miscele giuste. Costruttori o rivenditori la possono usare per realizzare diversi composti, dagli intonaci agli adesivi per piastrelle. Con 1 milione e 600mila euro di vendite nel 2015, Personal Factory ha chiuso il primo bilancio in pareggio: un’azienda che sta uscendo dalla fase di startup, con una crescita esponenziale. Specie all’estero, da dove arriva il 90% degli ordini.